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Da 0 a 10: il siluro di Conte ad ADL, la scioccante scelta di Coco, il pazzesco colpo di mercato e McTominay versione Hamsik

di Arturo Minervini

Zero metri, un pallone da calciare in porta e il grande bivio esistenziale: la banalità o la leggenda? Coco, dinanzi a questa biforcazione fatale, non ha dubbi. Con un pallone da calciare in porta, un momentaneo pareggio e il probabile futuro anonimato, non lo affascinano. Vuole di più. E si prende di più. Con un movimento, che manco Michael Jackson quando si issava sulle punte e piegava le ginocchia, Coco sceglie l’eternità. La gratitudine senza tempo di un popolo intero. Un Caffè sospeso a vita, quando vuoi. 

Uno il cambio a sorpresa, che poi tanto sorpresa non è. Non c’è Mazzocchi e tutti noi, maledetti amanti del gioco offensivo e del 4-3-3 in purezza speriamo, e un poco ci convinciamo, che possa uscire Politano ed entrare Neres. Macché. Antonio se ne fotte delle nostre velleità estetiche, dei pindarici ricami di tiki taka sul terreno di gioco. Antonio toglie Politano e ci piazza uno Spinazzola fuori posizione. Che capolavoro la capacità di trucidare i sogni con la praticità. E alla fine, ha avuto ragione lui.

Due cartellini gialli in due minuti per Walukiewicz e Pedersen che iniziavano a fare ciò che fanno tutti in Serie A: menare Kvara come Giorgione l’esattore di Bomber. Bravo, bravissimo Fabbri a stoppare il cattivo andazzo, facendo ciò che un arbitro deve fare: tutelare l’incolumità dei calciatori e far rispettare il regolamento. Troppe volte, invece, si lascia correre e si perdonano calci e calcioni che finiscono per influenzare il risultato e pure il 77 georgiano. 

Tre minuti scarsi ed una cometa, sarà il clima natalizio, attraversa il cielo del Filadelfia. Sarà che non era mai successo, sarà che non l’avevamo mai visto in faccia, ma abbiamo fatto fatica a riconoscerlo, ad accettarlo, a metabolizzarlo. Buongiorno legge male la traiettoria di un cross e si perde Adams che, deo gratias, manda fuori di testa da ottima posizione. Dura la vita di chi è arrivato a Napoli e s’è messo subito a fare il fenomeno, che resti sconvolto quando commette pure lui un errore. L’emozione di frega, tornare a casa ha toccato tante corde dell’anima. 

Quattro volte di Corto muso nelle ultime sette giocate: con Empoli, Lecce, Roma e Torino si vince per 1-0. L’altra vittoria in questo arco temporale il 2-0 in casa del Milan. Però, c’è un però. Con giallorossi e granata, le occasioni sono state molte, moltissime. L’attacco cresce, crea, spreca, deve fare i conti con Milinkovic Savic posseduto dal fantasma di Yashin. Lukaku sfiora il gran gol, detta passaggi ai compagni, cerca la doppia dimensione per non restare ancorato al gioco esclusivamente di sponda. Per citare Kurt Cobain: “È divertente combattere, ti dà qualcosa da fare, mitiga la noia”.

Cinque mesi insieme ed un rapporto diretto. Conte e De Laurentiis si sono promessi la trasparenza, Aurelio se ne sta tranquillo, lascia la scena ad Antonio, osserva compiaciuto ed ascolta. Avrà ghignato quando il tecnico in conferenza gli ha lanciato qualche siluro in vista delle prossime campagne acquisito: “Lo deve sapere il presidente, che se andiamo in Europa deve rinforzare la rosa”. E il presidente, ovviamente, lo sa già. Ne hanno già parlato, hanno pure le idee chiare. Conte, però, vuole che lo sappiamo tutti. È un modo per tutelarsi, per sfamare la sua irrefrenabile ambizione. 

Sei e mezzo ai due subentrati David Neres e Simeone. È ammirevole la loro capacità di entrare subito in partita, col brasiliano che si vede annullare un gol per un fuorigioco e il Cholito che sfiora il super gol col sombrero al difensore. Con la Lazio, in Coppa Italia, potrebbe toccare a loro. Ed a dirla tutta, una maglia da titolare se la meritano per l’attitudine mostrata: zero polemiche, sempre grande predisposizione a fare il necessario per la squadra.

Sette alla serpentina ipnotica di quel mistero esotico con la 77. Danza Kvaratskhelia prima del gol di Scott, si porta a spasso i suoi muscoli con una leggerezza che non dovrebbe appartenere a quel corpo. Ma lui fa come il calabrone: se ne frega dei divieti imposti da madre natura. Sforna il suo terzo assist in campionato con la giocata che è marchio di fabbrica, sgusciando sinuoso come se avesse una pinna da sirena al posto delle gambe. Amore in movimento, la mia cotta più grande dai tempi in cui mi innamorai perdutamente della mia insegnante al Liceo. Confesso.

Otto ad Anguissa che sta dappertutto, il Black Sunday senza sconti del Torino. Frank è impressionante per la porzione di campo che riesce occupare, fastidioso per gli avversari come la cassiera al supermercato che tu le chiedi il sacchetto, ma lei se infischia e inizia a lanciarti la spesa come fossero delle onde energetiche di Goku. Determinante Anguissa, che Conte ha restituito ai fasti dei giorni migliori. Capolavoro restaurato, tutto da ammirare. E proteggere. Di fatto un pazzesco colpo di mercato, per un calciatore nullo nella scorsa stagione.

Nove volte con la camicia intonsa e la porta illibata. Per gli attacchi avversari affrontare il Napoli è insopportabile come quelli che fanno l’albero e/o presepe prima dell’8 dicembre. Agli azzurri non si segna, molto spesso nemmeno si riesce a tirare in porta. Per la seconda gara consecutiva Meret tiene al riparo le manine da pericoli esterni, senza manco sporcarsi i guanti. E che dire di un Rrahmani sontuoso nella sua capacità di essere così efficace, pur senza mai strafare? Antonio Conte, all'apice del suo pragmatismo.

Dieci a McTominay, dominatore e domatore di tutti gli elementi che sembrano non osteggiare mai, ma al contrario sostenere, la sua volontà. Non sembra avere il tempo di calciare, manco lo spazio a dirla tutta. Sai che non c’è quello spazio. E poi, un istante dopo, ti ritrovi ad esultare come un pazzo. Un acquisto pazzesco, un calciatore totale, un trascinatore emotivo. Non è un caso che sia lui a calciare lontano l’ultimo pallone del match, esultando con quel ‘Yes! Yes!Yes” scandito tre volte che pareva di vedere Juri Cechi al termine di un esecuzione perfetta alle olimpiadi. Chiamatelo pure  ‘Scott, il Signore degli Anelli. Mi trema la mano mentre lo scrivo: era dai tempi di Marek che non c’era uno così decisivo nelle due fasi.

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