.

Da 0 a 10: l’annuncio choc di Dazn, l’acquisto da 110 mln, il labiale rubato a Insigne e quel gesto da brividi di Koulibaly

di Arturo Minervini

(di Arturo Minervini) - Zero alla falsa partenza. Dazn resta inchiodato sui blocchi di partenza più goffamente di Steven Bradbury nella finale Olimpica di Salt Lake City nel 2022. Una lenta agonia crescente, un dramma dentro a un dramma che trasforma ogni secondo in un attimo fuggente e crescente che miscela sentimenti di sconforto/rabbia/incredulità. Doveva essere l’inizio di una nuova era, sembra il preludio ad un anno da incubo: un annuncio choc di precarietà e bassa qualità. 

Uno il cambio manifesto, quello Fabiàn-Gaetano, dello Spalletti pensiero: non importa che tu sia leone o gazzella. Al Maradona, in ogni partita, l’importante è che cominci a correre. Dura lex che si abbatte su un Fabiàn travolto da un insolito destino nell'azzurro mare d’agosto: era gioiello da esporre in bacheca all’Europeo, ma sugli scaffali ci è rimasto meno di Luca Giurato ad un corso avanzato di congiuntivi. Ciondolante, ad un ritmo che non scalda il sangue nelle vene: così non si balla. 

Due reti e De Laurentiis schizza dalla sedie come un pop corn in padella. Ci crede in questo nuovo progetto il patron, affida a Spalletti i sogni di gloria gelosamente nascosti da un mercato non all’altezza (finora) delle aspettative e delle esigenze. Arrivare a fine mercato, senza aver curato delle ferite aperte da quattro anni è difficile da metabolizzare. Schizofrenie gestionali degne di un dialogo di Woody Allen del tipo “Fino all'anno scorso avevo un solo difetto: ero presuntuoso”. Agire, ora.

Tre punti e non era facile. Tutt'altro.  Perché giocare senza il tuo bomber dopo 23' poteva mandarti al tappeto. Così come sbagliare un rigore che sembra cambiare l'inerzia della notte partita col passo sbagliato. E invece. Ecco. È stata la serata ‘dell’invece’. Del Napoli che ha tenuto la testa sulle spalle e portato a casa la vittoria senza lasciarsi cullare dall’alibi che era lì lì a portata di mano. È mettendo da parte ogni scusante che si diventa vincenti.

Quattro o cinque terzini, dice di avere in rosa Spalletti. E i numeri possono essere giusti, così come il brocardo neo-classico ‘lamentarsi è da sfigati’. Il buon Luciano prosegue nel percorso dialettico dell’aziendalista, ma i numeri sono una cosa, la qualità è tutt’altro. Ad oggi Mario Rui è un piatto di cui si conosce ogni tipo di sfumatura e Ghoulam è un enorme, gigantesco, gargantuesco punto interrogativo. Può bastare? A volte non servono molte parole, basta semplicemente un 'NO'.

Cinque dita che cercano di liberarsi dalla morsa del difensore che diventano un cartellino rosso che ha un sapore di esagerazione. Bisogna frazionare l’analisi in due parti non necessariamente simmetriche: l’eccesso di zelo di Aureliano e l’imprudenza di Osimhen, con la prima che non giustifica la seconda. E viceversa. Victor si sta guadagnando un’etichetta che potrebbe accompagnarlo a lungo, perché il pregiudizio è parassita che sopravvive ad ogni temperature e condizione atmosferica. Faccia inversione a U, si ‘abitui ad avere le mani addosso dei difensori’. Attaccanti forti, destini forti. E difensori appiccicati, caro Osimhen.

Sei di incoraggiamento a Lobotka. Che è cervo che ancora non esce dalla foresta, leone che non trova il coraggio sbiadito da troppa panchina e diverse bocciature che lo mettono ora nella scomoda posizione di passeggiare su granelli che sanno di ultima spiaggia. La condizione fisica adesso c’è, ma basta nascondersi: è il momento di uscire allo scoperto per capire che tipo di supporto potrà dare a questa squadra.

Sette all’imperioso Kalidou. Che non ha nemmeno bisogno di alzare la voce per far capire agli altri chi comanda, perché certe supremazie sono lapalissiane e non hanno bisogno di essere sottolineate. Doveva essere l’estate dell’addio, quello rimandato da quanto De Laurentiis aveva rifiutato la cifra strabiliante di 110 milioni di euro. Koulibaly è ancora lì, una conferma che alimenta qualche piccolo sogno, per il calciatore immenso che è, per l’uomo che ha dimostrato di essere. Con i piccoli gesti, le carezze, gli abbracci. Quella cura dei particolari, con la fascia riconsegnata a Insigne a fine gara che vale ben più dei tre punti. È la gentilezza che rende magico ogni piccolo gesto. Gestore di emozioni come pochi il fuoriclasse azzurro. 

Otto al macedone, che è ancora a caccia di un autore pronto a raccontare il calciatore che diventerà. Spalletti sta smussando angoli di un talento tutto lì da ammirare, provando a dare sostanza ad una insostenibile, e volte impalpabile sul terreno di gioco, leggerezza dell’essere. Elmas deve dare peso, corpo, chili a quella bravura in esposizione da tempo, incanalare su una strada tutta la sua bravura. In questo momento poco da dire: lì in mediana è quello che merita più di tutti una maglia da titolare. Un ritorno al futuro col passo del gambero per chi rischiava di smarrire la via trascinato fuori pista dall’etichetta pesante del predestinato. L’impresa eccezionale resta sempre essere normale.

Nove a Spalletti, perché in una sola notte, la prima tinto d’azzurro, deve affrontare così tanta sfiga che al confronto Murphy era un inguaribile ottimista. Sovvertita l’inerzia della sorte, anche dopo aver visto il primo tentativo di Insigne dal dischetto accarezzare la costellazione dello scorpione, Luciano mantiene la calma e mostra subito il suo biglietto da visita: questo Napoli sembra avere già una sua identità. La capacità di adattare il proprio assetto di gara in base alla necessità, cambiando vestito così in fretta in stile Arturo Brachetti. "Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere ma quella che si adatta meglio al cambiamento”.

Dieci a Lorenzo. Che non rimugina sul passato, che volta pagina molto in fretta. Che affida al futuro la speranza di sbloccare una gara che sembrava maledetta dopo il primo errore dal dischetto. “Via, via… tiro io!” annuncia ai compagni sul secondo penalty: una frase manifesto di un cambio di mentalità, di una transizione emotiva sulle sponde di un fiume chiamato carisma. Insigne si sente il trascinatore di questo Napoli e di questo Napoli vorrebbe diventare la bandiera. Perdersi sarebbe un errore difficilmente perdonabile. Dimostrino le parti, tutte le parti in causa, che è davvero amore e non un calesse…


Altre notizie
PUBBLICITÀ