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Da 0 a 10: la confessione shock su Osimhen, il terrificante labiale di Conte su J. Jesus, il pasticcio da 200mln e la caz**ta delle dimissioni

di Arturo Minervini

Zero a questo clima, irrespirabile, eredità della balorda e dissennata stagione passata. Non si può, dopo 90’ di pallone di agosto, avvelenare così il pane di questa piazza, fomentare gli animi senza fermarsi a ragione, analizzare i motivi e, soprattutto, ricercare i rimedi. Napoli si è infilata un circolo vizioso di masochismo, un tourbillon tafazziano in cui tutti fanno la gara dire ‘al rogo, al rogo’ come con le streghe nel Medioevo. Facciamo un lungo respiro, ripetiamo il nostro mantra: ciò che è accaduto lo scorso anno, non deve necessariamente riaccadere.”Coltivate sempre pensieri positivi, l'entusiasmo non può fiorire in un terreno pieno di paura”.

Uno il primo tempo, che manco era stato male. Lobotka che fallisce un’occasione clamorosa, Kvara pure e poi si fa male. Il calcio d’agosto è così, delicato come il battito d’ali di una farfalla che può cambiare destino e risultati. Non era stato un brutto Napoli nei primi 45’, concedendo nulla all’avversario e creando diverse situazioni. Il mistero è quell’approccio imbarazzante del 2° tempo, un declino inesorabile, paragonabile ai film di Nicolas Cage degli ultimi vent’anni. “Sciolti come neve” dice Conte e sotto la neve puoi provare a copre qualsiasi cosa, ma quando si scioglie viene sempre tutto a galla. 

Due partite ufficiali e mai una gioia di un gol su azione. Modena e Verona non sono certo flotte sopravvissute dell’Invincibile Armata, ma al massimo due zattere tenute insieme da qualche corda e pezzi di legno raccattati in giro. Il Napoli non fa gol, non solo perché non ha il centravanti titolare, ma perché fatica a creare con continuità occasioni pericolose. Kvara viene quasi snobbato per un tempo, poi dal cestino della partita ricicla l’occasione che per poco non lo porta al gol. C’è da lavorare sull’idea di pallone da sviluppare, con Conte che prova a giocare come se lì in mezzo avesse Lukaku, senza avercelo. Un integralismo che non porta da nessuna parte, perché è vero che col 4-3-3 il Napoli è arrivato 10°, ma l’anno prima ci aveva vinto lo scudetto. Dominando. 

Tre pere e tutti a casa. Non c’è appello e forse va bene così. Servirà a tutti, per riflettere, per accelerare certe decisioni, anche impopolari. Tre schiaffoni in faccia alle griglie, alle grigliate, ai deliri d’agosto. Il campo è un giudice severo, lo sport una scuola rigida. Bisogna buttarci il sangue il mezzo al campo, perché l’Hellas non è certo meglio di questo Napoli, seppur ancora incompleto. A fare la differenza è la volontà, la voglia, la cattiveria. Se una squadra di Conte perde la sfida su quel piano, c’è proprio qualcosa di sbagliato nel file di questi ragazzi. E allora vadano via tutti, ma proprio tutti, quelli che non hanno voglia di sporcarsi le mani.

Quattro cambi, tutti sbagliati nelle tempistiche e negli uomini. Conte va in protezione di Conte, a difesa delle teorie esposte nella conferenza della vigilia contro i ritardi sul mercato. Si fa male Kvara e non mette Ngonge, che si dimostra l’unico capace di dare qualche guizzo. Un piattume che viene tollerato fino al minuto 79’, col Napoli meno pericoloso di una zanzara alla fabbrica dell’Autan. Se voleva lanciare un segnale al club, c’è riuscito.

Cinque a Mazzocchi, che merita un discorso a parte. Di Lorenzo farà il laterale o il braccetto? Se farà il braccetto, Mazzocchi non può essere il titolare di una squadra che ha le ambizioni del Napoli. Non perché non sia bravo, ma perché non è quello il suo livello. Semplice, senza fronzoli o artifici verbali. Chi dice il contrario, mente. Questo non vuol dire che Pasquale non possa essere utile agli azzurri, tutt’altro. Ma il titolare, no, quello no. Antico proverbio giapponese sentenzia: "Dieci persone, dieci colori". Ognuno è unico, a ciascuno il proprio ruolo.

Sei ad Anguissa, che pare l’unico a cui Conte sia già entrato nella testa, come i sogni che innestava Di Caprio in Inception. Combatte Frank, stampa un destro sulla traversa in un momento che poteva ribaltare la gara come un calzino. Si butta dentro, a testa bassa, si intestardisce quasi nel tentativo di trovare il gol. Una volontà mai così viva nella passata stagione, giocata sempre al ritmo ciondolante del parcheggiatore abusivo che supervisiona la sua zona con svogliatezza. Se dobbiamo aggrapparci a qualcosa, ad un barlume di speranza da Verona, aggrappiamoci ad un redivivo Frank. “Del resto come potremmo nutrire speranze sul nostro futuro se lo conoscessimo già”.

Sette volte, ho riguardato quel file, per capire se ci fosse un errore, una spiegazione differente, un motivo che mi sfuggiva. Alle ore 17.47 arriva la distinta del Napoli, leggo un nome, sulla fronte una goccia di sudore prende una tavola da surf e percorre mezza faccia. Vado in bagno, sciacquo il viso, ricontrollo. È vero. È tutto vero. Ancora lui, come un’ossessione. Come un dolore che ritorna, una ferita che si riapre, un pensiero tremendo. Juan Jesus è titolare. Dopo aver acquisto Rafa Marin, dopo l’ipotesi Olivera braccetto, dopo aver considerato tutte le possibilità, pure quella di mettere Platinette sul centro sinistra, ecco di nuovo BatJuan. Che, impietoso, impone la propria legge. Si perde l’attaccante sul gol dell’1-0 e devasta le fedine parrocchiali di sei milioni di tifosi.  Inaccettabile vederlo ancora titolare. Le telecamere rubano un  labiale emblematico di Conte: ”Siamo in otto contro due, vanno su Juan Jesus e prendiamo gol”. Ah, ad avercelo “il pur bravo Hermoso”.

Otto al ragionamento di Conte: “Possono arrivare 1,2,4 giocatori ma il problema è diverso, va risolto a monte e non è facile”. Perché, lo sa bene pure Antonio, per battere l’Hellas ti bastavano gli uomini che avevi. Restano però dei buchi, salti temporali, che in questa rosa non sono stati colmati. Dove sono i sostituti di Elmas e Zielinski? Perché attendere fine agosto per dare un’alternativa in mediana? Chi ha bocciato Folorunsho e perché non si è affrontata prima la questione? L’analisi della gara, orribile, e le colpe della società viaggiano su binari differenti e lasciano un unico insegnamento: SVEGLIATEVI TUTTI!

Nove come Osimhen ed un caso gestito peggio del Watergate. Ma che è sta storia che un calciatore viene parcheggiato, come un’auto di lusso, in attesa di un compratore? Ma che schifo fa questo pallone, che mortifica i sogni dei bambini e uccide la passione. Victor è del Napoli? E doveva farsi il sangue amaro, lì in mezzo a fare a sportellate con quelli del Verona. Poi, se qualcuno voleva comprarlo, faceva un’offerta e si vedeva. Mettergli il cellophane in testa e attaccargli la scritta ‘Vendesi’ ha generato esattamente l’effetto contrario. Un pezzo d’antiquariato, che s’è perso l’attualità, il presente e sta compromettendo pure il futuro. Il suo e quello del club. Inquietante la frase di Conte: “Perché non gioca? Chiedetelo al club?”. Ma Conte per chi lavora? Gli interessi di chi fa? Scegliere una strategia comune era troppo complicato? MADDAI!

Dieci a questi dodici giorni di calciomercato, ultima dea speranza per invertire la rotta. C’è un gioco una roba come 200 milioni, tra la cessione di Osimhen ed una qualificazione alla prossima Champions che sarà vitale per le casse del club. Dopo la figuraccia mondiale Brescianni, il Napoli aveva lasciato filtrare che l’avesse mollato per un profilo più elevato: dove sta? Quando viene? E Gilmour? È un mese che è fatta, ma ancora non c’è. È il momento anche del rischio d’impresa, perché prendendo Conte sei già andato all-in. Smettiamola, però, di alimentare questa cazz**ata delle dimissioni del tecnico. La maratoneta del Bhutan Kinzang Lhamo alle Olimpiadi di Parigi è arrivata ultima, staccata di un’ora e mezza dalle altre. All’arrivo ha detto: "Il mio paese non mi ha mandato a Parigi per iniziare la corsa, ma per finirla”. La corsa di Antonio è appena iniziata. E vuole finirla.

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