Da 0 a 10: la montagna di mer*a sul Napoli, il retroscena di Garcia, la condanna di Osimhen (col broncio) e la richiesta disperata di Natan
Zero alla shit-storm che piove sul Napoli da milioni di utenti nigeriani. È allucinante la campagna mediatica contro il club, accusato di razzismo (follia) nei confronti di Osimhen per qualche video idiota su Tik Tok. Non è bastato il comunicato del Napoli a placare le ire dei connazionali di Osimhen, che ora dovrebbe probabilmente intervenire con un messaggio sui social per mettere ordine e prendere posizione a favore di un club, e di una città, che lo ha accolto come il più amato dei figli.
Uno come un tempo a testa per Simeone e Osimhen. Garcia si assume la responsabilità di tenere fuori Victor e il campo gli dà ragione, in tutto e per tutto. Segnale importante lanciato a tutto lo spogliatoio e all’entourage del capocannoniere dello scorso anno: l’insostituibilità è un concetto che va limato, per sentirsi meno fragili quando le assenze saranno forzate (vedasi gli impegni in Coppa D’Africa del bomber).
Due gol a reazione controllata per Osimhen. Che, detto tra noi, potrebbe farne anche 31 di gol senza esultare che a noi potrebbe pure andar bene. Dispiace per lui, perchè mostra di non godersi a pieno un momento che dovrebbe essere pura irrazionalità, esplosione di gioia senza freni di gioia come quando trovi lo snodo ‘Corso Malta’ della Tangenziale libero. Victor, ti abbiamo amato per la tua spontaneità, abbandona questo broncio e torna a godere insieme a noi per le tue gesta. I tifosi sui social iniziano a non prendere bene questa mancata esultanza.
Tre gare e un solo gol subito. Ecco la vera ripartenza bolognese di cui parlava De Laurentiis: il ritrovato equilibrio difensivo. Concesso poco, anzi nulla, nelle ultime tre uscite pur schierando una difesa sperimentale, che ha dato grandi risposte. Mantenersi ‘Casti e puri’ come la Norma di E Fuori Nevica è fondamentale per una squadra che in attacco, con l’arsenale che ha a disposizione, può trovare il gol in mille modi diversi.
Quattro più quattro come le ruote motrici di un Napoli che torna a far paura alle rivali. “Avevamo tanto possesso palla, ma beccavamo poco la porta. Ora iniziamo a tirare nello specchio ed a far gol”. Così parla Garcia, indicando in questo elemento la vera svolta. Non è del tutto vero, o comunque non è spiegazione esaustiva: ora il Napoli crea da situazioni sempre dinamiche, è tornato a muoversi con l’operosità della formica senza dimenticare la capacità d’incantare col canto della cicala.
Cinque volte lo zampino tra assist (2) e gol (3). Il tassametro di Politano corre come quelli di un film di Luc Besson: ogni 75’ è protagonista in una marcatura del Napoli, con quella continuità che era venuta a mancare in passato in alcuni periodi. S’è preso la titolarità a destra e non ha nessuna intenzione di mollarla: l’investimento per Lindstrom gli ha dato motivazioni ulteriori. La sua storia d’amore è un reframe Pappalardiano: ogni estate sul punto di dirsi addio, ogni autunno ad urlarsi RICOMINCIAMO! Che partenza a razzo di Matteo.
Sei minuti e Osimhen ristabilisce l’ordine naturale delle cose. Perchè l’universo è così: riconduce tutto alla propria origine. Victor non è deve fare nessuno sforzo per segnare, il gol è dentro di lui, gli appartiene, ne è elemento costituente. Il suo DNA ne è intriso, è condannato geneticamente a infilare il pallone in ogni porta che finisce nel suo mirino. Coi suoi diamanti dentro, che cerca di offuscare dietro al broncio ed un promemoria da fissare nella mente: “Sii certo che la fortuna che cerchi, sia la fortuna di cui hai bisogno”.
Sette a Kvarancora. Dopo la piuma con l’Udinese, ecco un altra esibizione di classe pura del georgiano nell’arcobaleno pennellato nel cielo salentino per la zuccata di Osimhen. Kvaratskhelia s’accende e le montagne da scalare improvvisamente si fanno meno ripide, gli oceani da attraversare si fanno mari, le suocere addirittura simpatiche. Il 77 rende possibile l’impossibile, è l’acchiappasogni che non smette di esaudire desideri. Quel pallone lì è roba da un fenomeno olandese registrato all’anagrafe come Hendrik Johannes.
Otto a Gianluca e pure a Gaetano, che poi sono la stessa cosa. Gianluca è il ragazzo di Cimitile, che c’ha creduto con ogni parte di quel muscolo chiamato volontà. Gaetano è il centrocampista che sfoggia fiero lo scudetto sul petto e non vuol essere una piccola parentesi, ritagliandosi spazio sfruttando ogni minuto a disposizione. In campo all’83 firma un gol da urlo e si conquista un rigore: nemmeno Di Caprio in Wolf of Wall Street avrebbe sfruttato meglio quel tempo. Il miracolo ulteriore? Strappare il primo sorriso a Garcia.
Nove agli insospettabili. Ostigard e Natan, un norvegese e un brasiliano a dirigere la difesa azzurra con profitto. Leo ci aggiunge la zuccata che sblocca il match, il compagno di reparto gioca la sua migliore gara da quando è stato lanciato nella mischia. Natan ha una richiesta disperata: non vuole essere trattato come un’esotica tentazione estiva o critiche al buio. Ora è realtà, un difensore che possiamo valutare e apprezzare togliendogli l’etichetta di ‘trasporto eccezionale’. Si è inserito alla grande, senza paura, con grande intelligenza e mostrando la velocità di apprendimento di Super Vicki che memorizzava un libro solo sfogliandolo.
Dieci alla squadra e al suo tecnico, che ora sono più compatti dopo diverse chiacchierate chiarificatrici. Come disse Papa Francesco nella sua visita a Napoli: “Tiratevi i piatti, ma non andate mai a letto senza aver fatto la pace”. Nella prima parte c’era stata qualche frase non detta, equivoci non chiariti, pensieri inespressi che meritavano di venire all’aperto per essere risolti. Bravo Garcia ad avviare un dialogo costruttivo, diligente la squadra a mettersi completamente a disposizione del nuovo tecnico. Come Orfeo nel recupero dagli inferi della sua Euridice, questo Napoli non deve voltarsi più indietro: mettere da parte i complimenti e le nostalgie e avanzare a testa bassa.