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Da Zero a Dieci: le domande folli in tv a Sarri, la furiosa lite Hamsik-Mertens, i deliri di Donadoni e la grande minaccia del gol di Gabbia

di Arturo Minervini

(di Arturo Minervini) - Zero a quelli che, perché sarebbe troppo complicato trovarsi un lavoro vero, di mestiere fanno gli “strumentalizzatori”. Come acari, invisibili ad occhio nudo, si annidano tra le pieghe di ogni notizia e cercano di dargli sempre un taglio che possa provocare lesioni. Il gol di Gabbiadini dopo 13’ dal suo esordio al Southampton dovrebbe essere semplicemente qualcosa per cui rallegrarsi, come un sms di un amico partito per nuova fortuna all’estero. Andare oltre, pensare che un gol possa avere un significato diverso, costruire un muro di inutili dubbi sulla bontà della cessione è esercizio doloso. Anche perché se davvero qualcuno ha mai messo in discussione la capacità di Manolo di segnare, vuol dire che di calcio ci capisce come Alberto Angela alla Fiera del Gossip organizzata da Platinette. 

Uno il gol segnato dal Bologna. In una gara normale ci si potrebbe arrabbiare, e Sarri sicuramente lo avrà fatto notare ai suoi, ma come si fa a guastare così tanta bellezza con un pizzico di rabbia. Un calcio di questo livello è un antidoto alla misantropia, un festival del volersi bene con sette canzoni che risuonano nell’aria come l’inno alla gioia. Questo Napoli è quasi un progetto umanitario, un missionario inviato per conto di Dio a portare un sorriso là dove non c’è. Un sorriso regalato anche a Torosidis, cosa vuoi che sia…

Due domande, le prime, rivolte a Sarri dall’inviato di Premium Sport: 1) Cosa pensa dell’espulsione di Callejon? 2) Cosa pensa del gol di Gabbiadini?. Pensate un po' alla scena. Leonardo Da Vinci termina di dipingere la Gioconda, ha appena riposto le armi del suo genio, arriva un giornalista a chiedergli: 1) Ma perché questa signora non ride? 2) Non potevi farlo un po' più grande ‘sto quadro?. Attualizzate la scena, toglietegli quel pizzico di colore, rendetevi conto dell’inappropriatezza delle domande ed aprite gli occhi, prestate l’attenzione sul capolavoro, non su dove loro vogliono che voi guardiate. Organi di distrazione/distruzione di massa.

Tre volte a segno e ci si porta il pallone a casa. Questo Napoli manda in tilt anche le tradizioni, riscrive la storia portando a segno due uomini nella stessa partita con una tripletta. Poteva quasi scoppiare una rissa tra Hamsik e Mertens, ma l’ecumenico Dries ha sciolto subito ogni dubbio dopo il 7-1 mimando al compagno che il pallone avrebbero dovuto dividerlo a metà. Già, d’altronde cosa sarebbe la felicità se non fosse condivisa? Un pallone smezzato, come un panino ed un bicchiere di vino. Mancavano solo Albano e Romina e l’idillio sarebbe stato perfetto. Non osiamo immaginare cosa sarebbe accaduto se anche Insigne avesse raggiunto la tripletta. Avremmo dovuto affidarci alla lezione di Massimo Troisi in “Non ci resta che piangere”: “Dividiamo tutti in parti uguali, per carità: 33, 33 e 33”.

Quattro reti nelle ultime cinque trasferte per Insigne, sette reti in undici gare da quando il suo lungo digiuno si è interrotto. Ad Udine è scattata la scintilla che adesso è un fuoco olimpico che scalda le vene di Lorenzo, fondamentale in entrambe le fasi del gioco, essenziale come nella ripartenza letale che di fatto chiude la gara dopo pochi minuti. Un tappeto rosso steso verso la vittoria, l’ennesimo omaggio a quel talento che ogni tanto il numero 24 tende a maltrattare. Ora Insigne appare davvero pronto a sedersi al banchetto dei grandi, scalare l’ultima pietra del Mondo Olimpo e deliziare il mondo con il suo nettare. “Se Orfeo non si fosse girato, se Psiche non avesse tentato di conoscere, allora noi non avremmo creduto alla forza del loro amore”. Non ti voltare più indietro Lorenzo. 

Cinque in primis a tutti noi, perché anche impegnandoci non riusciremmo ad essere arrabbiati con Callejon. È come se il figlio modello, che lavora/studia/prega/ama/sogna/lava i piatti e stira, per una sera staccasse totalmente la spina. Un granellino di sabbia in mezzo ad un deserto di costanza ed applicazione fatica ad essere visto. “Fa più rumore un albero che cade piuttosto che una foresta che cresce”, si dice. Nel caso di Josè non si può ignorare la sua foresta ed un albero caduto, per Josè, ha il suono confortante dell’eccezione che conferma la regola.

Sei assist in campionato di Mr. Robot alias Zielinski. Come il protagonista della fortunata serie Tv made in Usa, il polacco sembra un hacker capace di infiltrarsi in ogni sistema, piegandolo alla sua volontà. “Un bug non è mai solo un errore. Rappresenta qualcosa di più. Un errore nel modo di pensare. Perché, fuori dallo schermo, la vita è piena di bug e ti rende come sei. Il bug costringe il software ad adattarsi, per causa sua deve evolvere in qualcosa di nuovo. Deve aggirare l’ostacolo o superarlo. Qualsiasi cosa accada si trasforma. Diventa qualcosa di nuovo. La versione successiva. L’inevitabile upgrade”. Non esisteva definizione migliore per definire Piotr: l’upgrade nel ruolo di centrocampista, il mediano 3.0 che si è rivelato al mondo incredibilmente in anticipo. Tutto il resto, quello che accadrà, sarà solo la conseguenza necessaria di un potenziale fuori da ogni controllo.

Sette reti subite e Donadoni parla, dice cose, vede gente, fa delle cose. Più surreale di un dialogo di Nanni Moretti l’intervista post-gara del tecnico del Bologna, capace di appellarsi all’arbitro dopo che il suo Bologna era stato triturato come fosse carne per un Kebab. Divorato come un pasto fugace, Donadoni avrebbe dovuto fare l’unico gesto possibile al termine di una tale rappresentazione: aprire il portafoglio e pagare il giusto prezzo per lo spettacolo a cui aveva avuto la fortuna da assistere da un posto privilegiato. Paga il biglietto Roberto! 

Otto gare per urlare “Ho fatto tredici” come Lino Banfi ne “Il Bar dello Sport. Dal Cagliari al Bologna, l’anabasi di Mertens verso la gloria è iniziato in quel soleggiato pomeriggio in terra sarda ed ha toccato un nuovo picco al Dall’Ara. È come se nelle cellule del belga fosse in atto un Big Bang, un’esplosione improvvisa che porta all’espansione. Difficile tracciarne i limiti, impossibile prevederne gli sviluppi. In questo momento, sincronizziamo gli orologi, è il calciatore più determinante dell’intera serie A. E non lo dicono le tre reti, no. Lo certifica lo slalom con assist no look per il secondo gol di Hamsik. In quella giocata c’è la visione celestiale di chi sa abbinare emozione ed utilità. In quel sorriso che nasce sul suo viso c’è la costante empatia con una maglia che sembra renderlo davvero invincibile. A carnevale scegliete bene il vestito: se pensate ad un supereroe per il travestimento basterebbe indossare la maglia numero 14 del Napoli.

Nove alle scariche emotive di Reina. Non è il momento di scavare, non oggi. Oggi c’è da celebrare l’ottimo momento di Pepe, la sua capacità di rialzarsi sempre. È probabilmente la sua grande forza, quella che lo ha guidato ed ispirato per tutta la carriera. Risurrezione, sempre, anche quando ti hanno celebrato più volte il funerale. Un Lazzaro (inteso proprio come uno scugnizzo dei nostri vicoli) capace ancora una volta di rialzarsi e camminare. A questo punto come direbbe Woody Allen: “Vedi, io sono l'unico ad avere una visione d'insieme, ed è per questo che mi chiamano Genio”. Basta che funzioni.

Dieci ad un uomo che si irrigidisce con il busto e scruta un meraviglioso orizzonte dove l’azzurro si fonde sempre e solo con altro azzurro. Guardatelo Marek dopo il colpo di testa all’angolino che è antipasto del banchetto bolognese, fissa lo sguardo come fosse William Wallace sulla collina prima della battaglia: “Sono io Marek Hamsik e ho dinnanzi agli occhi un intero esercito di miei compatrioti decisi a sfidare la tirannia. Siete venuti a combattere da uomini liberi e uomini liberi siete. Senza libertà cosa farete? Combatterete?". Davanti a tutti, a prendersi anche le botte, c’è sempre stato lui. Ogni sua rete è il tentativo di cucire il tempo, renderlo più stretto, dare calore ai ricordi. Il passato pare meno lontano e da esso possiamo imparare dagli errori. Il presente è ricco di colori, suoni, sensazioni che si fa fatica a decifrarle ed apprezzarlo a pieno. Il futuro è tutto da scoprire, viaggiando in una caverna che è sempre meno buia con Marek a tenere per mano questa squadra, tracciare la linea di continuità tra quello che siamo stati e quello che saremo. Una continua evoluzione di cui Hamsik è il simbolo primario, l’elogio supremo alle elaborazioni di Charles Darwin. “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti". In un calcio dove i colori mutano con la stessa frequenza delle stagioni, noi ci godiamo l’immutabilità della fede di questo ragazzo nato per sbaglio a Banská Bystrica. 


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