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Varriale: "Questo Scudetto parla al sistema calcio italiano, chissà come sarebbe cambiato se nel 2018..."

di Antonio Noto

Il Napoli si appresta a diventare campione d'Italia, il giornalista Enrico Varriale commenta così su Twitter: "Il 3° scudetto del Napoli fa immediatamente tornare alla mente i primi 2, quelli conquistati nel segno di Maradona. Ma questo titolo, non a caso, non sarà ricordato, anche negli anni futuri, con un eroe eponimo come è accaduto per il 1987 e il 1990. 

Questo è il trionfo del club, della ferma volontà di Aurelio De Laurentiis di rimanere ai vertici rispettando regole e principi di buona amministrazione. Della competenza di Giuntoli uno dei più bravi dirigenti italiani, capace di coordinare uno scouting di assoluto livello europeo.

Lo Scudetto di Spalletti che ha sempre creduto alle potenzialità della piazza napoletana, spesso penalizzata per cause extra calcistiche. Per Luciano il punto più alto di una carriera nella quale avrebbe potuto vincere di più ma che lo ha visto sempre lasciare il segno ovunque. 

E poi la vittoria non di un giocatore ma di tutta la squadra. Un gruppo indistruttibile,coeso e unito tra i titolari e chi ha giocato meno, con tanti leader, in campo e fuori. Primo fra tutti il capitano Di Lorenzo punto di riferimento con la forza dell'esempio e della serietà. Una squadra formata da giovani affamati. Di grande qualità, con più entusiasmo che esperienza. Picchi sorprendenti come il coreano Kim che non ha fatto rimpiangere un certo Koulibaly. A conferma della capacità di trovare talenti fuori dai circuiti calcistici tradizionali. Basti pensare al trio d'attacco: un messicano, un nigeriano, un georgiano. A inizio stagione sembrava quasi una barzelletta e invece è stata la scommessa vincente insieme a quella di un centrocampo perfetto, assortito con le qualità di Lobotka, Anguissa, Zielinski e Elmas. Basti pensare al trio d'attacco: un messicano, un nigeriano, un georgiano. A inizio stagione sembrava quasi una barzelletta e invece è stata la scommessa vincente insieme a quella di un centrocampo perfetto,assortito con le qualità di Lobotka, Anguissa, Zielinski e Elmas. E poi lui, Osimhen. Una storia che sembra un film. Dal vendere l'acqua per le strade di Lagos al tetto dei cannonieri in Italia e in Europa. Il nigeriano è un campione, ma anche un trascinatore. Una forza della natura che Spalletti ha disciplinato e migliorato tanto. 

Questo però è pure lo Scudetto che parla al sistema calcio italiano. Non a caso arriva nell'anno in cui il dissolvimento della galassia juventina, formata dalla società bianconera e dai club satelliti, pare quasi irreversibile, malgrado tutti i tentativi di ammorbidire le cose. Sembra un segno del destino, quasi un Bolero, il fatto che il gol di Raspadori sia stato segnato allo Stadium nella stessa porta di quello di Koulibaly. 5 anni fa. Sappiamo tutti come gli effetti di quel trionfo furono neutralizzati, in quel Inter-Juve di 7 giorni dopo. Chissà come sarebbe cambiato il corso del nostro calcio se quello scudetto fosse stato vinto dalla squadra che più lo aveva meritato, il Napoli di Sarri. Forse le cose sarebbero state migliori pure per l'inguaiata Juve visto "l'Ostile Juve" mostrato da Allegri e Landucci. 

Il trionfo di Spalletti impone qualche riflessione anche al sistema mediatico nostrano. Ci sta sbagliare la previsione nelle griglie estive, ma non auspicare immotivati crolli post mondiali e resurrezioni di squadre a distanze siderali dal gioco espresso dalla capolista. D'accordo, ci sono le esigenze editoriali, nelle sempre più asfittiche vendite dei giornali, o negli ascolti TV che garantirebbero le grandi tradizionali, ma nascondere tanto a lungo una realtà che i commentatori di tutta Europa hanno presto esaltato, è stato miope e ridicolo. Questo scudetto premia poi anche la città di Napoli. È sempre scivoloso parlare di Rinascimento Napoletano a fronte di una vittoria calcistica. È un fatto però che da qualche anno all'ombra del Vesuvio si vince pure con Turismo,Cucina, Film, Serie TV, Teatro, Libri, Musica. Insomma con la creatività di una terra e di un popolo che sa esaltarsi pure nelle sue contraddizioni e che ora può finalmente celebrare, non solo per le strade di Partenope ma in molti angoli del mondo in cui i napoletani hanno messo radici, un successo atteso da 33 anni".


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