Clemente di San Luca a TN: "Basta difendere l’AIA nelle trasmissioni nazionali"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così il momento di casa Napoli:
"I cani da guardia del sistema di potere dell’AIA abbaiano in tutte le reti tv nazionali, per proteggere l’arbìtrio sempre più intollerabile dei direttori di gara. Adoperano argomenti insostenibili anche per un giurista alle prime armi. «Io, un rigore così, non lo darei mai!». «Facciamo una battaglia per eliminare queste cose incredibili!». Mi verrebbe proprio di esortarli con grazia: pensate ad informare sul calciomercato, che le regole del gioco, ed il loro rispetto, non sono cose per voi!
Chiariamoci. Il rigore per mani di Lobotka non è opinabile. Al pari, però, di quello per fallo su Anguissa. La ‘leggerezza’ del contatto – argomento adoperato a vanvera – non è elemento valutabile. Il fatto, accertato in maniera incontrovertibile, non consente spazio alle opinioni. Continuare a invocare l’opinabilità significa aumentare l’incontrollabile arbìtrio degli arbitri. Altrettanto indiscutibile è il rigore assegnato alla Juve. Così come quello rivendicato dal Cagliari, che invece – (non solo a Sky si sono messi a discuterne, come se ce ne fosse materia, ma) quel che più conta – il solito ineffabile Pairetto non ha decretato, il VAR illegittimamente non richiamandolo alla review. E così, ancora una volta (la quarta – Monza, Milan e Udinese i precedenti – nelle ultime settimane), la Dea (celebrata quale «vanto assoluto del calcio italiano in Europa») s’è giovata del «campionato col verme». Non ti meravigliare, è lo spettacolo, bellezza!
Ora, va pure bene spingere la favola della provinciale virtuosa. Ma favorirla illegittimamente no. Nauseante.
Lo volete capire o no che le regole del calcio sono norme giuridiche, e non semplici ‘suggerimenti’ apprezzabili discrezionalmente dai direttori di gara? Domandatevi perché i signori del chiacchiericcio televisivo nazionale alimentino la tesi della opinabilità interpretativa. Non solo – evidentemente – per legittimare il ruolo di opinion maker svolto (senza averne alcuna ‘patente’) a pagamento da ex giocatori, ex arbitri e giornalisti che mediamente conoscono il diritto per sentito dire. No. Lo fanno, soprattutto perché, una volta passata la tesi dell’annacquata vincolatività del precetto contenuto nella regola, dell’esser questo scarsamente prescrittivo, diviene legittimamente possibile la disparità nella sua applicazione.
Si lamentano della diseguaglianza, della iniquità, nell’applicazione. Dicono di auspicare la parità di trattamento. Non stateli a sentire. Quel parlare è ipocrita. In realtà, operano (subdolamente) per aumentare i margini di arbìtrio incontrollato delle decisioni dei direttori di gara. Senza dichiararlo apertamente, propugnano l’idea di consentire loro di scegliere, di volta in volta, come decidere, senza doversi rifare ad un paradigma certo.
Anche laddove la regola consente uno spazio di valutazione (talvolta è inevitabile che lo faccia), si esprimono affinché questo vada considerato più ampio di quel che effettivamente è. Oppure affinché la regola venga modificata, perché così si «snatura il gioco». Invocare a sproposito il «senso del gioco» è uno scherzetto che funziona soltanto per chi non è in grado di effettuare una lettura delle regole giuridicamente orientata. Comunque, a parte il fatto che non è vero, se pure lo fosse, dovrebbe essere un prezzo da pagare volentieri per evitare che l’autentico senso del gioco sia snaturato da sospetti di malafede ormai non più superabili.
Il risultato di tutto ciò? Permettere di ‘interpretare’ la regola una volta in un senso e un’altra nel senso opposto. In tal modo si fa tutto fuorché scongiurare il possibile intento di indirizzare la partita nel verso che si vuole.
Domande. Perché i nostri non lo dicono (il capitano, interrogato sul punto espressamente, ha risposto esibendo addirittura meraviglia)? Soprattutto, perché non lo fa Conte (che pure sembrava aver intrapreso la strada giusta)? Non siamo ingenui fino al punto da pensare che avremo risposte. Ma è bene che non smettiamo di porci le domande.
2. Anche quelle sul nostro gioco offensivo. Dopo il primo tempo di Udine l’anima azzurra (di tutti quei tifosi che conservano capacità di discernimento, senza avere la presunzione di rappresentarli tutti) era pervasa da un solo sentimento, ben esprimibile con questa locuzione: «’I’ che tuossec’!».
Questo stato d’animo non era soltanto mio. Riporto alcuni dei commenti ricevuti alla fine della prima frazione da tanti fratelli di tifo. «Delle due l’una: o il Napoli crossa sempre nel punto sbagliato dell’area, o Lukaku sta nell’area al punto sbagliato». «Tirano tutti tranne il centravanti». «L’Udinese è molto più veloce e il Napoli impreciso». «Il Napoli, possiede o non possiede, non segna. Finora gli unici tiri di Anguissa, Neres e Olivera». «Ma quando toglie Politano (che deve coprire) e sposta Neres a destra e fa entrare qualcuno vicino a Lukaku?». «Ma poi lo scozzese senza ruolo. E Lukaku che è un ingombro!». «Con un centravanti ‘forte’ il Napoli starebbe avanti, con uno come Neres che mette in mezzo palle pericolose in continuazione!». «Ora vedrete che farà uscire McTominay ed entrare Raspadori, con i giganti dell’Udinese». «L’Udinese come l’Atalanta: picchia, recupera e riparte. Partita molto difficile!». «Una considerazione finale sul famoso “percorso”. Lo stanno facendo anche Fiorentina, Lazio e Liverpool. Ma guarda dopo 4 mesi come giocano e che miglioramento progressivo hanno avuto rispetto all’inizio ed alle premesse!».
Il mio urlo liberatorio al gol di Lukakone ha fatto vibrare i vetri di casa. I due dopo le perle di Neres e Anguissa pure di più, perché, mentre nel primo c’era soltanto – si fa per dire – l’amore per l’azzurro, nel secondo e nel terzo c’era pure un senso di intima contentezza per il mandare a casa, intossicati, i beceri coristi friulani, fieri portatori di razzismo allo stato puro. Ahhhh, che soddisfazione! E sulle chat un commento secco: «Appena è calata la corsa dell’Udinese, è venuta fuori la qualità che abbiamo in più». In effetti l’abbiamo vinta con tre giocate individuali di gran qualità: filtrante di McTominay e progressione potente di Lukaku; serpentina ubriacante di Neres; preziosa sponda del Cholito e prorompente inserimento di Anguissa.
Un secondo tempo di maggior vigoria e convinzione. Qualche obiettivo miglioramento, ma ancora assai poco riconoscibili trame di gioco offensivo. Sono segnali senz’altro confortanti l’unità e la compattezza del gruppo dei giocatori. Ma non molto di più. Con buona pace di chi rivendica l’esclusiva del tifo azzurro, sostenendo in maniera acritica e fideistica il non ancora chiarito progetto Conte, giacché era «fondamentale l’arrivo di un professionista» in grado di tenere «il timone fermo» e ristabilire «la rotta di una barca alla deriva nella stagione precedente». Dandosi due anni per la sua realizzazione.
La discussione lascia il tempo che trova, ché il mister è saldamente sul ponte di comando (per fortuna). Tuttavia, per chi non disdegna ragionare, non può non restare un dubbio. Ma siamo veramente sicuri che Conte fosse l’unico in grado di rivitalizzare e ridare l’anima a squadra e ambiente? Baroni e Italiano stanno operando in condizioni così dissimili? Nello stesso tempo avuto da Conte, però, Lazio e Bologna, pur disponendo di una rosa non superiore alla nostra, hanno, non solo un’anima, ma pure una chiara identità di gioco oltre alla solidità difensiva. Siamo proprio certi che non sarebbero stati capaci di fare altrettanto a Napoli?"