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Clemente di San Luca a TN: "Finalmente Conte ha gridato la verità su questione arbitrale"

di Arturo Minervini

"A San Siro – come pronosticato – abbiamo assistito all’ennesima direzione arbitrale caratterizzata da disparità di trattamento. Gialli non dati, fuorigioco non rilevati, in generale un atteggiamento irritantemente ostile. L’unica decisione non contestabile è quella del rigore per fallo di Anguissa su Dumfries. Sì, proprio quella che Marelli, Rocchi, Casarin, e compagnia bella, a posteriori hanno ammesso che Mariani abbia sbagliato. L’ha riconosciuto persino lui stesso. Guarda un po’. Noi però non abbiamo l’anello al naso. E spieghiamo con calma, senza sintesi, perché.

Cominciamo da Conte, che finalmente ha gridato la verità. Qualcuno ha scritto che l’ha fatto perché è un furbacchione, che sa come si ha a che fare col potere per trarne vantaggio. Un amico esperto, persona perbene, intellettualmente onesta, ma di opinioni diametralmente opposte alle mie, ha voluto farmi notare che sia «curioso che Conte si batta per la legalità quando c’è di mezzo l’Inter», chiosando così: perché lui «banalmente non si batte per la legalità, ma per lo scudetto», e che piuttosto che parlare di retropensieri, «se ha prove di altro che non sia errore umano, andasse in Procura, federale e non». Del resto, autorevoli opinionisti nostrani hanno qualificato l’intervento come un «atto politico» intenzionalmente funzionale allo scopo.

Io, invece, voglio credere – anche ingenuamente, sì – che abbia agito per togliere il velo che copre l’apparente immacolatezza istituzionale, mettendo a nudo il marcio che si nasconde sotto la coltre di ipocrisia perbenista. Il riferimento ai «retropensieri», parlando del Var, è inequivoco («Usato così crea solo retropensieri da parte di tutti»; e ancora: «Crea dietrologie, cattivi pensieri e io non ne voglio avere. Io voglio onestà intellettuale, sia a favore che contro […]. Noi vogliamo le cose oneste»). Proprio quello per cui combattiamo da sempre. E, dal 2018, anche attraverso lo studio scientifico-giuridico delle regole del calcio. Insomma, Conte sembra aver dato un segnale chiaro di volersi impegnare per la legalità. Noi – che, purtroppo, ai «retropensieri» siamo costretti da tempo immemore – ardentemente speriamo che lui abbia deciso di affiancarci, avendo acquisito consapevolezza, visto che adesso allena il Napoli, che per decenni abbiamo sopportato decisioni illegittime, che ci hanno penalizzato favorendo quelle che lui usa chiamare «le solite note».

È assai curioso, peraltro, che si sia esposto proprio con riferimento ad un episodio sul quale non ha ragione. L’intervento di Anguissa, benché genuino, è falloso, perché difetta di attenzione (toccando la gamba di Dumfries in maniera inopinabile), dunque il rigore c’era. Il Var è intervenuto confermando all’arbitro che non c’era stato errore nella rilevazione del fatto. Il contatto è nitido, ricorre la fattispecie tipizzata della «negligenza» («il calciatore mostra una mancanza di attenzione o considerazione nell’effettuare un contrasto», ovvero «agisce senza precauzione»).

Le regole del calcio sono norme giuridiche e vanno interpretate, fatte applicare e rispettare, secondo i criteri della scienza giuridica. È una battaglia di civiltà. Stando al Protocollo, è l’arbitro che, dopo aver rivisto l’episodio, deve valutare se ha commesso un «chiaro ed evidente errore». Non il Var, che invece, ove rinvenga un errore nella rilevazione del fatto, ha il dovere giuridico di chiamare l’arbitro alla review. Nei talk in tv, s’invoca di continuo il Protocollo Var senza però conoscerlo adeguatamente. O meglio, dandone una lettura sbagliata, ad usum delphini, per proteggere la ‘casta’. Continuano a ripetere, erroneamente, che «il Var può intervenire solamente in caso di “chiaro ed evidente errore” da parte del direttore di gara». Ma non sanno (o fingono di non sapere) che il VAR non ha alcun ruolo nella (ed alcun potere di) qualificazione giuridica del fatto. Questa spetta in via esclusiva all’arbitro.

È vero che il Paragrafo 1.1 del relativo Protocollo stabilisce che il VAR [che può/deve intervenire esclusivamente in quattro casi tassativamente tipizzati dalla norma (segnatura di una rete; assegnazione di un calcio di rigore; espulsione diretta; errore di identità)] «può assistere l’arbitro soltanto in caso di “chiaro ed evidente errore” o “grave episodio non visto”». Tuttavia, la prescrizione va integrata con quella di cui al Paragrafo 1.3, secondo la quale «La decisione iniziale assunta dall’arbitro non sarà modificata a meno che la revisione video non mostri palesemente che la decisione era un “chiaro ed evidente errore”». Per comprendere entrambe, vanno lette adoperando la tecnica dell’interpretazione sistematica, e dunque tenendole insieme con quella di cui al Paragrafo 1.5, secondo cui «La decisione finale viene sempre presa dall’arbitro, o in base alle informazioni del VAR [rilevazioni oggettive] o dopo che l’arbitro ha intrapreso una “revisione sul campo” (OFR = On Field Review)». La «revisione video», dunque, è di esclusiva competenza dell’arbitro: soltanto a questi, invero, spetta eventualmente di ‘modificare’ la sua stessa decisione. Compito del VAR, invece, è soltanto quello di sollecitare la revisione, laddove abbia rilevato un dubbio sul corretto accertamento di un fatto da parte dell’arbitro, per «un probabile “errore chiaro ed evidente” o un “grave episodio non visto”» (Paragrafo 4).

Insomma, il VAR deve intervenire ogniqualvolta nutra anche solo un semplice ‘sospetto’ circa la sussistenza dell’errore o della svista nell’accertamento del fatto. Ad esso, in definitiva, compete esclusivamente di rimediare, in autotutela (nel superiore interesse al regolare svolgimento della competizione), ad un errore nella rilevazione di un fatto mal effettuata dall’arbitro. L’intervento di Conte, quindi, va salutato con grande soddisfazione, perché ha chiarito molto opportunamente il modo corretto di applicare il Protocollo Var. Anche se per il rigore di Anguissa non è stato usato scorrettamente. Come ad Empoli, per il rigore su Politano. Certamente invece è stato usato in modo non corretto, ad esempio, nel caso della spinta su Kvara in Napoli-Como, o in quello del pestone ai danni di Di Lorenzo in Napoli-Monza.

Come ricordavo, Mariani & co. dicono adesso che non andava fischiato. Sapete perché? Perché vogliono tenersi uno spazio valutativo che la norma non gli dà. Parlano ad arte di «zona grigia» (che non esiste) solo per fondare uno spazio prima di integrazione normativa, e poi di applicazione discrezionale, che gli consenta di esercitare potere senza essere attaccabili. I «rigorini» e la «bassa intensità» non sono codificati. E non sono impliciti – come si sostiene – per il fatto che la regola richiede di valutare la «mancanza di attenzione» o l’assenza di «precauzione». Se ti prendo, ti prendo, e questo integra di per sé la negligenza. L’«intensità» ed il «senso del gioco» sono quanto di più opinabile esista, un trucco per aumentare lo spazio discrezionale degli arbitri. Chi si può arrogare il diritto di definire il «senso del gioco», o di stabilire l’«intensità» o la «lievità» di un contatto? Con la tecnologia, il contatto è rilevabile di per sé, in maniera pressoché oggettiva. Il difetto della macchina è infinitesimale, e rende minimi i sospetti (tutt’altro che infondati) di arbitrio telecomandato. Il tocco di Anguissa su Dumfries è palese, rigore inopinabile.

Altrimenti, stiamo dietro a questi ‘incantatori’ che cianciano dello snaturamento del «senso del gioco», parlando di «contatto lieve», di «rigorini», e così via, allo scopo, non dichiarato ma esplicito, di aumentare lo spazio discrezionale dell’arbitro, che la regola non contempla. Certo, nel regno di Utopo, il «senso del gioco» o la «zona grigia» sarebbero il metodo che la regola richiede di utilizzare per essere applicata. Ma nel mondo del calcio, sopraffatto dalla cultura mercantile, purtroppo non ci si può affrancare dai dubbi e dalle perplessità. La verità è che il gioco si snatura quando le regole non vengono fatte rispettare con uniformità, secondo l’arbitrio ed i desiderata del direttore di gara. E l’uniformità, in via tendenziale, si può conseguire solo restando attaccati alle regole, senza forzarle per aumentare la discrezionalità dell’arbitro.

2. Come avevo previsto, domenica scorsa abbiamo giocato lasciando all’Inter l’iniziativa. Abbiamo difeso ‘tostissimo’, anche se abbiamo sfruttato assai poco le ripartenze. Trame di gioco offensivo? Tuttora non pervenute (si vedano le osservazioni di L. Vendemiale sul ‘Fatto Quotidiano’ dell’11 novembre scorso). Molti dicono che bisogna aver fiducia. Che siamo primi con merito, avendo sin qui sistemato solo l’anima e la difesa, figuriamoci quando il mister sistemerà pure l’attacco. Beh, non attendiamo che questo. Fiduciosi, perché ce l’impone lo status di tifosi malati e irriducibili (che altro potremmo fare?). Ma ora pure perché Conte dovrebbe raccogliere anche per la strategia offensiva i frutti del duro lavoro che dichiara di aver fatto sin qui. E dobbiamo credergli. Come sembra aver intrapreso la strada della battaglia per la legalità, così adesso ci mostrerà pure un Napoli più audace e creativo. O no?".


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