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Guido Clemente di San Luca a TN sul caso Juve: "Una precisazione dovuta (con scuse)"

di Redazione Tutto Napoli.net

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni sulla vicenda giudiziale che ha riguardato la Juventus.

"La fretta è cattiva consigliera. Così recita un antico adagio. Se poi ci metti pure la confusione che regna sulle fonti, finisci per fare brutte figure. Nella intervista resa ieri ad una radio/TV locale, richiesto di esprimermi sulla decisione del giudice sportivo in merito al ‘patteggiamento’ della Juve, sono incorso in una grave imprecisione, della quale devo scusarmi. Ho illustrato i 4 commi dell’art. 28 del CGS nella versione rinvenuta sul sito del CONI, non più in vigore. Quella vigente si può scaricare dal sito della FIGC. Purtroppo non esiste una fonte ufficiale di cognizione, ciascun sito istituzionale potendo tener pubblicato un testo anche superato.

Non ho giustificazioni per l’errore. Posso però spiegare come sia potuto accadere. Ero nel mio studio presso il Dipartimento, impegnato in tutt’altro, quando ho ricevuto l’invito a partecipare alla trasmissione che si sarebbe tenuta di lì a poco. Ho chiesto ai giovani allievi che stavano lavorando con me di cercare rapidamente la relativa norma del CGS, affinché potessi rispondere alla intervista con cognizione di causa.

Per la fretta, colpevolmente, non ci siamo accorti che la versione pubblicata sul sito del CONI (www.coni.it/it/coni/regolamenti-e-circolari.html) fosse non aggiornata. Essendo notoriamente un tipo pignolo, quando la sera me ne sono reso conto, mi sono molto rammaricato.

Ciò chiarito, il giudizio di indignazione che ho espresso non muta. Evidentemente per ragioni tecnico-giuridiche in parte diverse. Sono state sbagliate, infatti, le spiegazioni rese sui profili procedurali, giacché il testo che ho commentato non è più vigente. Non quelle sui profili sostanziali, però, visto che il testo del co. 7 dell’art. 127 del CGS vigente, per i profili che ci interessano, non è granché dissimile da quello del co. 4 dell’art. 28 della versione precedente.

La norma – peraltro richiamata dal provvedimento del Tribunale Federale Nazionale, di cui ahimè non avevo ancora visto il testo – dispone sul cd. ‘patteggiamento post-deferimento’. Al co. 1 consente all’incolpato di «accordarsi con la Procura federale per chiedere all’organo giudicante l’applicazione di una sanzione ridotta o commutata, indicandone la specie e la misura». Tuttavia, al successivo co. 7 è stabilito – non diversamente dalla versione precedente – che la disposizione del co. 1 «non trova applicazione per i casi», fra altri, «di recidiva», nonché «per i fatti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, qualificati come illecito sportivo dall’ordinamento federale».

Dunque, nella procedura novellata è stato eliminato il possibile intervento preliminare della Procura generale del CONI, l’accordo fra incolpato ed accusa concludendosi dinanzi al Tribunale Federale giudicante. Risulta invece confermata la parte della disposizione concernente la disciplina sostanziale. Con riguardo a questa, sembra difficile credere che, considerando gli elementi probatori risultanti dalla istruttoria dell’inchiesta Prisma della Procura della Repubblica di Torino, le due condizioni precludenti la possibilità di accordo non ricorressero nel caso de quo. La sussistenza della recidività appare piuttosto conclamata. Né è da meno quel che concerne l’alterazione del risultato di una competizione.

Oltre ai profili di legittimità, poi, risulta intollerabile nel merito la profonda iniquità del contenuto del patteggiamento. Per fare un esempio paradossale, è un po’ come se per un dimostrato omicidio efferato, si consentisse al reo di cavarsela con una sanzione pecuniaria e pochi mesi di carcere.

Inoltre, lascia l’amaro in bocca anche la opacità che avvolge la ‘trattativa’. D’altronde, soprattutto nell’ordinamento sportivo, ad esser pubblicate sono soltanto le decisioni dei tribunali. Non si può aver contezza della dinamica che ha condotto le parti a concludere l’accordo fra procura ed incolpati. Insomma, saremmo curiosi di sapere – a fronte di fatti comprovati che, per la loro estrema gravità, avrebbero potuto condurre persino alla più grave delle sanzioni, la radiazione – per quali ragioni la Procura abbia ‘svenduto’ per un piatto di lenticchie l’interesse supremo che deve istituzionalmente perseguire: garantire la lealtà sportiva. Perché, per le cifre che corrono, 718mila euro tale debbono considerarsi.

Restiamo attoniti di fronte alle dichiarazioni francamente sconcertanti, se non addirittura grottesche, del Presidente della FIGC e del Ministro per lo Sport – assorbite senza batter di ciglia dai soliti media pronubi – che inneggiano alla pacificazione, al conseguito rasserenamento del settore. Ma rasserenamento di chi? Il mondo del calcio, tutti gli stakeholders coinvolti (ad eccezione ovviamente di quelli a vario titolo facenti capo al potentato economico beneficiario) – altro che rasserenati – si sentono nemmeno più preoccupati, ma definitivamente amareggiati, sconfitti e nauseati. E perciò avviati sulla strada del definitivo disincanto e del progressivo abbandono emotivo della passione. La morale è che se si detiene un brand di rilievo, si può star tranquilli: anche violando le regole, comunque la si farà franca.

Per tutti coloro che, come me, dedicano la vita all’impegno per la formazione dei giovani giuristi nel segno dei valori dello Stato di diritto, del rispetto delle regole, della legalità, la vicenda rappresenta un vulnus irrimediabile, un ostacolo praticamente insormontabile per conservare la credibilità di maestri. Ci sentiremo rispondere dagli studenti, amaramente: «Prufesso’, ma che ve sbattit’ a fa’? Tant’ ’a storia è semp’ ’a stessa. ’A giustizia cont’ sul’ pe’ putient’!».


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