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We are The World: Club Napoli New York City

di Leonardo Ciccarelli

Napoli non è Napoli, non è circoscritta ad un territorio, Napoli è uno stato d'animo, è un sentimento, è un qualcosa che non si può né intendere né volere, è una Fede: o la si ha o non la si ha. Nell'ultimo caso si è parecchio sfortunati perché "Grazie a Dio sono tifoso del Napoli".
Essendo il primo amore non c'è distanza che tenga e così abbiamo pensato di contattare vari Club Napoli in giro per il mondo per questa nuova rubrica, partendo dall'ombelico di questo pezzo di Pianeta che si trova nell'universo sconfinato: New York.
A rispondere alla nostra telefonata è stato un collega, Nicola Di Fiore, che insegna italiano agli americani e si diletta a fare il coach alle ragazze.

Quanto è difficile seguire la squadra del cuore dall'altra parte del mondo?
"Alcune volte la puoi seguire altre no, le 6 ore di differenza si sentono. Si vede con ansia, con stress, soprattutto in determinati orari. Non tutti hanno la possibilità di seguire la squadra del cuore qui. Quella col Borussia infatti non l'ho potuta vedere quindi ti arrangi con i mezzi possibili ma non ha lo stesso sapore. Mentre quando gioca il Napoli in orario italiano, in Italia, senti l'elettricità che c'è nell'aria".

Arriviamo al tuo club. Dove si trova?
"È la sede di una pizzeria, Ribalta, sta sulla Broadway, è vicino ad una delle più grandi librerie di New York, è una posizione centrale".

Parlaci del Club. Quanti siete? Come ci si iscrive?
"Si chiama Club Napoli New York City. Abbiamo merchandising personalizzato con cappello, una confezione di pasta Garofalo e la tessera del club con 35$. Lo zoccolo duro è composto da una 50ina di persone poi ci sono i turisti che vengono sempre. A Napoli-Juve il locale era pienissimo, c'era anche qualche juventino".

Sono tutti tifosi del Napoli?
"Da noi c'è uno juventino ogni 10 napoletani nel nostro club. Nel nostro club siamo un centinaio ma ce ne sono anche altri di club".

Personaggi famosi nel Club?
"Alcuni del nostro club andarono a farsi le foto con Higuain e Mascherano quando vennero a New York. Abbiamo provato a chiamare De Blasio, siamo in contatto con il sindaco, prima o poi riusciremo ad organizzare questo evento".

Quanto si concentrano i media sul calcio italiano?
"Per i media americani negli anni '80 era quello più seguito, adesso è un po' sceso perché il calcio inglese si sa vendere meglio di quello italiano. Qui si segue il campionato spagnolo per la marea di sudamericani, poi l'inglese e poi quello italiano. Il campionato tedesco un po' meno ma ci sono molti giocatori che hanno la doppia nazionale. Molti argentini anche".

Quante possibilità ha questo sport di sfondare in America?
"Io insegno italiano e faccio l'allenatore per le ragazze. Sta venendo su il calcio, se ne parla e le squadre stanno iniziando ad essere americane, è scemato il fenomeno che portava i calciatori a fine carriera. Certo ci sono i Nesta, i Beckham ma c'è la base americana, c'è un grande mercato. Ci sono tanti giovani di belle speranze, con tutti di famiglie con origini europee. Nelle donne è uno degli sport favoriti perché al pallone è stato attaccata un'etichetta di sport poco mascolino quindi preferiscono il football per un ragazzo, anche sul piano economico".

Partire dalle scuole per lo sviluppo?
"Le università del sud vanno alla grande col pallone. All'est oltre al basket c'è il baseball che porta soldi.Il sud da molti più soldi rispetto al Nord per il calcio al college. Ci sono belle squadre. Hanno fatto anche un reality show tipo Campioni. I fratelli Funes Mori sono usciti da lì".

Champions, il sogno è ancora possibile?
"Molto più difficile di quanto si pensava, in percentuale è dura. Battere l'Arsenal è difficile ma abbiamo dimenticato in che girone stiamo? Abbiamo battuto il Borussia ed il Marsiglia, è più tosto di quello col Manchester di un paio di anni fa queste sono squadre ancora più toste".


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