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Da 0 a 10: Conte asfalta Motta, il commento shock di Bremer, la sconvolgente novità per il futuro ed Elvis in salotto per McTominay

di Arturo Minervini

Zero al mito tramandato oralmente, dai soliti noti, che cercano di vendere una verità differente dalla realtà. E magari ci sta pure qualche fesso che ci crede, che ci casca, che annuisce con la testa perché annuire è l’unica cosa che gli riesce nella vita. Bremer dice che la Juve ha dominato e dice una stronz*ta a cui qualcuno dovrebbe replicare. E invece, tutti tacciono. Motta pure racconta di aver giocata come l’Olanda del calcio totale, quando s’è limitato a fare passaggi da una fascia all’altra, che il Napoli gli concedeva senza crucciarsene troppo. Insomma, il solito carrozzone. Con tanto di pagliacci, lacchè, ricchi cotillon ed il crollo impietoso del tasso di dignità. 

Uno il gol subito nelle ultime quattro gare, su rigore. Dopo Verona, col l’ingresso in squadra di Buongiorno, la squadra ha ritrovato una solidità che sembrava una chimera lo scorso anno. E qui non c’entrano i moduli, la tattica, le esercitazioni, no. Questa è voglia di lottare, sacrificarsi, è dedizione, è cura, è amor proprio. È la vocina nella testa, che convince il cuore a fare un ultimo sforzo, anche quando sei sfinito. Sporcarsi le mani nel terreno, la prima lezione di Conte. “Dei contadini ce n'è bisogno, se no la terra va in malora”. 

Due parate incredibili di Di Gregorio, il nostro portiere non si è sporcato le mani. Così Conte col suo dissing in stile Fedez manda al tappeto, in stile Mike Tyson, tutte le velleità di Thiago Motta di rivendicare un dominio che esistito solo nella sua testa. Felino il portiere, soprattutto sulla punizione al veleno di Politano, che avrebbe dato un volto totalmente differenti. Il calcio è fatto di episodi, ma c’è un minino di oggettività che va tutelata per non sfociare nel ridicolo. Per quelli che si aspettavano il calcio Champagne da Motta, un brusco risveglio. A fine gara ha dichiarato: “In primis bisogna fare i complimenti ai ragazzi”. Metamorfosi in Allegri in caricamento. 

Tre in mezzo, quattro in difesa, quattro in mezzo e tre in difesa e poi chissà ma Conte è stato chiaro per il futuro: il 4-3-3 gli permette di sfruttare al meglio la rosa. È un Napoli fluido, che non si preclude nessuna strada, in versione tattica poliamorosa. Conte stupisce, sorprende, arretra su qualche propria idea per valorizzare a pieno la rosa. È forse la notizia più sconvolgente, ma al tempo stesso più confortante, che ci portiamo indietro nella valigia da Torino. C’è un Antonio nuovo, meno integralista, migliorato come era accaduto a Spalletti nel periodo di riflessione senza panchina. E se Conte può cambiare, tutto il mondo più cambiare. ADRIANA!!!

Quattro guanti, intonsi, che è peccato pure metterli su Vinted perché si possono vendere come nuovi. È stata una gara intensa, tirata, al punto che per tutta la gara si covava una piccola speranza: la Juve pagherà lo sforzo fatto in Champions. E invece no, questo non è accaduto. Anzi, a tratti è parso il Napoli quello più affaticato negli ultimi venti minuti. Il pallone non è una scienza esatta, i corpi non sono scienza esatta, le energie a disposizione in un uomo non sono tacciabili come in un’automobile. Conte dovrà gestire fisico e cervello, per tenere tutti coinvolti in una squadra che ha una rosa da Champions, senza giocare la Champions.

Cinque e mezzo a Romelu, che deve fare i conti con un marcatore di livello mondiale come Bremer. Il brasiliano della Juve è al 100%, Lukaku ancora non lo è così finisce per soccombere. Se Godzilla affronta Kong senza essere in forma, è destinato a prendere sonore mazzate. I concetti, però, non sono stati errati: Big Rom ha fatto i movimenti che doveva fare, dato gli appoggi che doveva fare, ma con un piccolo problema tecnico: facendo tutto ad una velocità ridotta. Dovrà lavorare, sudare, invocare la trimurti indù ma non c’è altra strada per essere al top: la fatica.

Sei napoletano, non entri. Sei casertano, sì. La ghettizzazione a cui sono stati sottoposti i tifosi azzurri in questi giorni è vergognosa, angosciante, fuori da un tempo apparente di società civile. Che va a discriminare, a poche ore dalla partita, chi si era già organizzato, che aveva rinunciato a tutto per poter essere lì. Immaginate la scena in questo congresso in cui è stata presa la decisione: Quanto vuoi penalizzare Napoli? Risposta: Sì. A prescindere. Immaginate al contrario: tutti i residenti a Catanzaro costretti a non essere ad una partita della Juve. Spiazzante. 

Sette pienissimo a Politano, pronto a dà mazzate primma 'e abbuscàche . Prende botte, dà botte,  come se in questa sua nuova versione si fosse reincarnato in quei terzinacci anni ’80 che avevano un solo credo nella vita: o pallone, o gamba. Matteo asseconda le esigenze d’aiuto di Lorenzo, alle prese col talento abbacinante di Yildız, senza mai farsi trovare impreparato. Antonio ne coglie in silenzio i progressi, Politano sarebbe disposto a lanciarsi nel fuoco dell’Inferno per convincere il tecnico che quella fascia è di sua competenza. Bravissimo Matteo, poi entra Neres e comprendi: in quella posizione del campo, il Napoli non avrà mai problemi.

Otto alla sicurezza Rrahami, che recupera certezze col passare dei minuti come il Cavaliere Oscura di Nolan in fondo al pozzo di Ra's al Ghu. Amir è sul pezzo, è dentro al pezzo, è il pezzo stesso: non più una figura esterna alla squadra, ma una delle parti principali. Bastava dargli un socio affidabile, come ai tempi di Kim o di Koulibaly, per ritrovare il difensore affidabile e diligente apprezzato in passato. Pare che sia uscito dall’Allianz Stadium cantando ‘Buongiorno’ di Gigi D’Alessio. Per un difensore centrale il compagno di reparto è come il socio a Padel: orienta prestazioni ed umori. 

Nove all’esibizione Pulp di Scott: un sofisticato elaborato di classe e sostanza, sostanza e classe bilanciate in misura pressoché perfetta. Non ha bisogno di strafare McTominay per rubare l’occhio e non restituirlo nemmeno, così superiore anche in una giocata che potrebbe apparire elementare. Pressa, recupera, tira, sterza, dribbla, contiene, riparte e lo fa sempre con gli occhi curioso di un bimbo che scopre il mondo: con la testa sempre alta. Un atteggiamento che gli permette di anticipare sempre la giocata, elaborarla nel cervello prima di trasformarla in pratica. Ad ogni pallone toccato, c’è venuto il dubbio che Elvis fosse ancora vivo, lì nel nostro soggiorno a a cantare: For I can’t help falling in love with you. Impossibile non innamorarsi.

Dieci punti su quindici, un passo falso ai primordi dell’avventura e poi una squadra granitica. Che sa vincere d’impeto, di rimonta, soffrendo, che sa pure comprendere che un punto è meglio di zero quando tre proprio non riesci ad acciuffarli. C’è poco da dire: Conte ha coretto i passi viziati di questo Napoli, ha smaltito le tossine, ha tagliato le teste che andavano tagliate. Ogni giorno lavora per creare una mentalità differente e duratura. “Se in riva al fiume vedi qualcuno che ha fame non regalargli un pesce, ma insegnagli a pescare”. Così sta facendo Antonio, lavorando prima di tutto sui concetti per un progetto che vuole essere duraturo. La ricostruzione è in atto e chi si lamenta di un pari sul campo della Juve non c’ha capito niente, come nei Soliti Sospetti fino alla scena finale.

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