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Da 0 a 10: l’inatteso scambio da 50mln, le infami accuse ad ADL, Conte furioso (ma senza autocritica) e Meret Santo Patrono della Papaccella

di Arturo Minervini

Zero a questa inattesa metamorfosi, col Napoli che si rammollisce come uno dei partecipanti ai salotti di Jep Gambardella nella Dolce Bellezza, forse frastornato proprio da quella Bellezza inattesa della prima frazione. Due squadra poste su galassie differenti, due atteggiamenti agli antipodi difficilmente spiegabili. Nel dopo gara Conte si incazza, ha la faccia di chi ha fatto tremare le pareti nello spogliatoio omaggiando divinità di diverse religioni. 

Uno come il primo assist stagionale di Lobotka, che pare accarezzare con le mani un arpa, invece è il pallone che finisce sulla testa di Rrahmani. Vuoi vedere che abbiamo risolto un problema? Sarà mica arrivato il giorno che la smettiamo di buttar via tutte le occasioni da calcio piazzato calciando sempre male i cross? Affidiamone qualcuno a Stan, fabbricante di quella sostanza di cui siamo fatti. “Se ti sei mai chiesto dove vengono creati i tuoi sogni, guardati attorno, vengono creati qui!”. 

Due sciarpe che fanno percorsi opposti, con colori opposti, ma due mani che tendono l’una verso l’altra. Più dei gol, più delle parate, dei risultati. Il senso profondo del calcio. Due tifosi, uno napoletano ed uno genoano, che scambiano le loro sciarpe, nonostante queste maledette barriere che li separano. Viva i romantici del pallone, che non sognano di vincere. Sognano di esserci.

Tre cambi appena, tutti caratterizzati dalla prudenza, con Spinazzola che finisce addirittura da esterno alto (sulla carta). Conte bacchetta la squadra, qualcuno dovrebbe bacchettare Conte per aver assistito inerme all’inspiegabile crollo della ripresa. Attende il 73’ per i primi cambi, lasciando in campo un Politano stremato per togliere Neres. Dal tecnico più pagato del campionato, e che sta facendo un lavoro incredibile sulla testa di questa squadra, è lecito attendersi che possa incidere con forza anche a gara in corso. Nell'orribile secondo tempo ci mette pure del suo. 

Quattro acquisti e forse anche più cessioni: fuori Folorunsho, Spinazzola, Rafa Marin e Zerbin, magari Juan Jesus. E poi, il capitolo a parte: Raspadori. Circa 25 milioni di euro compressi nei 172 centimetri dell’attaccante che non può fare l’attaccante nel calcio di Conte, manco l’esterno, ancor di meno la mezzala. Insomma, quando hai dato troppo devi andare e fare posto. Per il suo bene, per le casse del Napoli, per mille altri motivi, bisogna seguire la massima di Churchill: “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”. Il ragazzo vale 25 mln, la Roma offre Pellegrini ma dovrà mettere sul piatto almeno 10-12 milioni per pareggiarne il valore. 

Cinque e mezzo a Juan Jesus, perchè quel giallo che si becca dopo 32’ va in qualche modo a condizionare parte di quello che verrà poi. È in leggero ritardo su Pinamonti, ma complessivamente non gli si poteva chiedere molto di più, avendo giocato in campionato nel disastroso esordio di Verona. C’è l’impegno, la dedizione, manca lo straripamento atletismo e senso della posizione di Buongiorno. "L’amore è l’insostituibilità” scrive Paolo Sorrentino in ‘Hanno tutti ragione’ e di Alessandro ci eravamo già innamorati al ‘Ciao’. 

Sei vittorie su nove trasferte, terza consecutiva on the road. È un Napoli che sa adattarsi, che mangia il pollo con le mani come Rrahmani, marcatore per un giorno seppur con meno certezze senza Buongiorno. Udine e Genova, dopo Torino, il blitz in casa Milan ed i pari sui campi di Juve e Inter. Per mesi, abbiamo dovuto sorbirci la ca**ata di un Napoli favorito dal calendario facile, ora che siamo vicini al giro di boa possiamo dire che era vero: nel senso che era ca**ata.

Sette al calcio bailado, che non resta effimera ricerca di vanità, una pura attrazione verso la giocata che resta un omaggio vano nell’iperuranio della Bellezza. David Neres fa i fatti, altroché! Il controllo orientato, l’esitazione che sembra omaggiare il mitologico cross-over di Michael Jordan contro Utah nelle finali Nba del ’98, la sfera che giunge a destinazione per il quinto assist in campionato in 386’ minuti giocati: uno ogni 77’! Roba da matti, per un tesoro per troppo tempo rimasto a prender polvere in cantina. Come cantava ‘La Famiglia’: “‘O sapunar ten a giotto e nun o' sap...se l'è scurdat”. Ora è tornato pure Kvara: col Venezia perchè non vederli insieme?

Otto lettere: coglione. Non è il cruciverba di fine anno, ma la definizione infame che Garcia ha usato per definire De Laurentiis. Inelegante e fuori tempo massimo l’uscita di Rudi, che s’è intascato per mesi lo stupendo del Napoli, standosene buono. Non ha mai fatto autocritica sul suo percorso al Napoli, ha creato crepe in quello spogliatoio, che sono divenute poi macerie. Su una cosa ha ragione: ADL lo scorso anno ha sbagliato tutto, in primis a sceglierlo per il dopo Spalletti. Non si è mai imposto sul mercato, ha accettato passivamente tutto e non ha nemmeno avuto le palle di dimettersi. Caro Rudi, i coglioni sono sempre due. 

Nove a Francuccio con le trecce, al controllo fisico che imprime in ogni secondo del match. Vero, si distrae sul gol del Genoa, però ragazzi c’è tanta altra roba per non esaltare Anguissa. Nemmeno in Django c’era stato un abuso così spietato del prossimo: “Se permettete, con ciò che è di mia proprietà faccio quello che mi pare!”. E così fa Frank, che si butta dentro l’area del Genoa con la motocicletta 10 HP, lascia solchi sul terreno di gioco come un aratro pianta il seme della paura tra i Grifoni. È tornato a livelli spaziali, segna il terzo gol in campionato (il secondo consecutivo) ma deve riflettere su qualche amnesia, che poi si paga sempre a caro prezzo.   

Dieci a Babbo NatAlex. Ci pensa Meret, Custode Supremo dell’Insalata di rinforzo, Santo Patrono della Papaccella, Gran Giurì del capitone fritto, Senatore a Vita dei Roccocò che ti spaccano i denti, Monsignor della Minestra Maritata. A salvare il Natale, e le sue tradizioni culinarie da una devastante intossicata, non è stata la tredicesima, no. È stato senza dubbio il portierone, strepitoso in almeno tre interventi che ne certificano, se ancora ve ne fosse bisogno, l’assoluta affidabilità. Ogni tanto sbaglia, come sbagliano tutti. Criticarlo, per posizioni prese e mai abbandonate, è un segnale di una visione parziale del mondo. E se guardi sempre dalla stessa parte, resti sempre un uomo vissuto a metà.

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