.

Di lotta e di governo, ora questo Napoli sa far tutto

di Dario De Martino

(di Dario De Martino). Un pari a Parigi e pure l'amaro in bocca. Se non fosse per la beffa, c'è da essere felicissimi. Essere amareggiati per un pareggio in casa di una delle squadre con più talento d'Europa e tra le candidate ad alzare la Champions è il segno di dove sia arrivato questo Napoli. La notte del Parco dei Principi è la rappresentazione più chiara di una squadra che ora non ha davvero più paura di nulla, consapevole di poter riuscire in qualsiasi impresa, conscia di saper far tutto. 

In questi primi tre mesi di Ancelotti sulla panchina del Napoli è stato un continuo paragone con Sarri. Fatto naturale per ogni cambio in panchina, c'è bisogno di abituarsi e per capire bene il gioco del nuovo tecnico paragonarlo a quello che si era imparato a memoria con l'allenatore precedente. Ed allora si notano soprattutto le differenze. Si guarda meno, invece, alla continuità. Ciò che emerge distintamente da Parigi è questo: il Napoli non ha sostituito il modo di allenare e di giocare di Ancelotti a quello di Sarri, ma ha aggiunto gli insegnamenti di un allenatore che ha vinto ovunque a quelli di un tecnico che aveva fatto innamorare i napoletani e non solo con la sua filosofia di gioco e di intendere il calcio, inteso a 360 gradi, che ha portato a parlare di rivoluzione sarriana. 

I principi che hanno guidato quella rivoluzione, perchè anche senza risultati la rivoluzione si è fatta, sono rimasti intatti. E Ancelotti non ha fatto nulla per eliminarli, anzi. La sua gestione non è una "restaurazione" di un regime, è una fase di stabilizzazione gestita comunque da chi si era battuto per la rivoluzione. Un Governo guidato da un leader esperto che modifica solo in parte iprincipi base scritti durante il sarrismo. Aggiunge quelle leggi che possono portare alla vittoria, apprese durante le varie esperienze in giro per il mondo, ed elimina quegli eccessi necessari solo alla transitoria quanto travolgente fase rivoluzionaria. 

Viene così fuori il Napoli di lotta e di governo che a Parigi, città che di rivoluzioni ne sa qualcosa, esprime tutto se stesso. E' il Napoli che sa ancora dominare il gioco e che ha quel "coraggio" chiesto da Ancelotti di "palleggiare in faccia al Psg" come disse Sarri alla vigilia della sfida contro il City, utilizzando un'espressione più colorita rispetto al coraggio menzionato da Ancelotti, perchè la rivoluzione ha toni più aspri e politicamente scorretti. E' il Napoli che sa ancora giocare nello stretto, muoversi con i tocchi di prima in velocità tra le stelle dell'attacco. E' il Napoli che pressa alto e toglie il fiato all'avversario (Allan ne è il manifesto migliore) con quella voglia di lottare e prendere il potere che non va via. Ciò che è cambiato è che tutto questo non accade per tutto il corso di ogni battaglia, rischiando di essere stanchi alla fine della guerra e dovendo contare solo su pochi soldati capaci di reggere i ritmi e che conoscono a memoria la tattica di guerra. Il Napoli ora sa anche governare. Sa anche soffrire e sopportare le controffensive avversarie, anche quando fatte da armate potenti come quella parigina. E' tornato a giocare in contropiede, perchè se dovesse capitare di vincere una partita "all'italiana", Ancelotti non lo disdegnerebbe affatto. E' un Napoli di Governo perchè sa cambiare strategia in corsa, durante le partite e nel corso di tutta la stagione, a seconda delle esigenze dettate da fattori interni e fattori esterni, piuttosto che provare a portare a casa il risultato a tutti costi con un solo modo di giocare. 

Ed allora non è il confronto tra Sarri e Ancelotti, ma la continuità tra Sarri e Ancelotti a dover essere sottolineata. Come, d'altronde, è sempre stato nel Napoli di De Laurentiis. Da Reja a Mazzarri, da Mazzarri a Benitez, da Benitez a Sarri e ora da Sarri ad Ancelotti. Un processo continuo di crescita. La fondazione della città di Reja, il riconoscimento di potenza da parte della Nazione con Mazzarri, quello dell'Europa con Benitez, la rivoluzione di Sarri e ora il Governo di Ancelotti, che potrebbe davvero rappresentare l'apice di un percorso di continua crescita. Un progetto in continuità in cui ogni fase è stata decisiva e necessaria e che stavolta è davvero maturo per dare i suoi frutti. E allora tutti uniti, "compagni" e non. Moderati e rivoluzionari, tutti insieme per prendere il potere.  


Altre notizie
PUBBLICITÀ