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Il terzo Scudetto umiliando il campionato. Eppure (non) era l'anno buono. Retrocessioni e umiliazioni: il viaggio della generazione-fallimento. Dagli A16 al trionfo di ADL

di Antonio Gaito

E' fatta, stavolta. In realtà il Napoli è Campione d'Italia da un bel pezzo, la città festeggia quasi settimanalmente da mesi un'imbarazzante superiorità tecnica e di organizzazione di gioco, ma ora c'è anche la matematica che solitamente non è proprio un dettaglio. Probabilmente l'ha resa tale il Napoli: la squadra di Luciano Spalletti si affianca alle 4 squadre storiche (tra cui il Grande Torino) che sono riuscite a trionfare con 5 giornate d'anticipo e tutto questo nonostante si sia rilassato già da un mesetto, lasciando qualche punto sull'altare dell'euforia, del distacco siderale sulle pseudo-rivali e poi dei quarti Champions. Più che aver dominato questo significa aver umiliato il campionato. Un'altra prova? Il tifo di gran parte della città sabato per l'attuale seconda in classifica: vuoi mettere lo Scudetto in albergo con queste scene con i 14mila alla Dacia Arena (ed altrettanti all'esterno, probabilmente) ed i 55mila del Maradona (e chissà quante centinaia di migliaia sono adesso all'esterno). Volendo, il Napoli avrebbe potuto rinviare tutto anche alla Fiorentina. Pazzesco.

Lo Scudetto delle generazione 'sfortunata'. Napule è mille culure, Pino l'ha spiegato bene a tutto il mondo, ma stavolta farà uno sforzo e si limiterà a quelli del tricolore che colma un vuoto temporale di ben 33 anni. Un trionfo che fa scoprire che la realtà è molto meglio dei sogni, dei racconti o delle ormai scomparse VHS celebrative che hanno nutrito quella generazione dai 25 anni a salire - di cui fa parte anche chi vi scrive - capace di legarsi al Napoli allo stesso modo nonostante gli sfottò di chi li Scudetti li ha vissuti (o almeno ne ha qualche ricordo da bambino) e poi nonostante il declino progressivo fino alle retrocessioni, al vivacchiare in B, all'umiliazione dei giovani napoletani venduti in cambio di qualche scarto in prestito, all'esaltazione per quei pochi giocatori di rendimento o con qualche guizzo tecnico. Alla C evitata sul campo non si sa come, per poi centrarla col fallimento. Al playoff perso prima di rivedere la luce con ADL, gli idoli della risalita e l'invasione di Genova per l'uscita definitiva dal tunnel. La crescita costante fino al ritorno dei trofei, la prima Coppa Italia urlando quanto il Pocho sotto la Curva e festeggiandola più di uno Scudetto a Milano o Torino, fino allo scandalo nell'anno dei 91 punti. E probabilmente è vero: quando soffri e sogni così tanto, nel calcio come nella vita, poi godi di più quando arrivi lassù. 

Un lungo viaggio. Quello di chi vi scrive parte, almeno per quanto riguarda l'esperienza San Paolo e la memoria visiva, forse dall'anno più brutto: 97-98. Per intenderci, Napoli ultimo con record negativo di punti per l'epoca e ben quattro allenatori, esonerati o in alcuni casi letteralmente scappati via. Prima partita 'ammirata' dal vivo: Napoli-Brescia 0-3 con a segno anche un giovanissimo Pirlo esordiente in A. Seconda: Napoli-Lecce 2-4. Molti diranno: ok, almeno due reti per la gioia di un bambino, ma quando non c'era neanche più l'atmosfera dello stadio a celebrarli perché solo pochi reduci dei 20mila abbonati accorrevano allo stadio e non per spingere la squadra (ed i sediolini incendiati o lanciati in campo ne sanno qualcosa). Da quel momento i cambi societari, le umiliazioni, ogni tanto uno Schwoch a Pistoia a ricordarti che bisogna crederci sempre, anche quando la B diventa consuetudine e devi pure difenderla sul campo. Dicevamo: quale ricordo, se non questo, può portarti ad apprezzare gli ultimi anni del Napoli fino all'apoteosi dello Scudetto? In confronto la risalita dalla C è stata roba da pivellini, considerando che lì con una proprietà solida era già chiaro l'indirizzo e bisognava solo seguire la rotta per rivedere le stelle. Tra l'altro con il nostro/vostro Tuttonapoli, che negli anni della C muoveva i primi passi, a far già compagnia a tutta la città.

Udine non è un caso. No, se pensiamo che De Laurentiis strappò il titolo sportivo proprio alla famiglia Pozzo. Proprio ad Udine c'è quel Pierpaolo Marino da cui tutto  partì tutto, e proprio ad Udine arrivò quella vittoria per 0-5 alla seconda giornata dopo il ritorno in Serie A che, per la generazione di cui sopra, significava 'siamo tornati ad alti livelli'. Nel turno precedente il ko interno col Cagliari che fece subito scoppiare la contestazione (un classico, evidentemente). Un mese prima furono presentati due giocatori di cui avrete sentito parlare: i nomi? Hamsik e Lavezzi. Molti ricordano i loro volti timidi alla prima uscita davanti ai microfoni, pochi in realtà ricordano l'incredulità dei due all'esterno del centro sportivo perché in migliaia chiedevano di 'tirar fuori i milioni' alla proprietà. I sogni dei tifosi erano i più celebri Corini e Recoba a fine carriera, poi finiti al Torino e quasi sempre infortunati. Un film poi visto quasi ogni estate, cambiando solo i nomi agli attori protagonisti, fino all'ultima con gli ottimi Bremer o Dybala sognati al posto di coreani o georgiani.

(Non) era l'anno buono. Usciamo dalla retorica che accompagna sempre Napoli: come se non ci potesse essere organizzazione, razionalità e serietà da queste parti. Lo Scudetto del Napoli non è frutto di mistica, regali dall'alto, San Gennaro e compagnia. Il terzo titolo dei partenopei può sembrare un miracolo per i presupposti estivi, ma è frutto di scelte di grande programmazione e competenza, incomprensibili per quasi tutti al punto che per molti non solo non era l'anno buono, ma sarebbe stata già dura centrare la Champions. Impossibile immaginare un Napoli vittorioso, persino ad alti livelli, con le cessioni coraggiose di quasi tutti i giocatori rappresentativi per 'accogliere' (indimenticabile lo striscione di contestazione all'arrivo di Kim) giocatori poco noti almeno ai più. In realtà non potendo arrivare ai nomi già conosciuti - per appeal e risorse - il Napoli è sempre stato fedele allo scouting, accantonato solo nel post-Sarri con i risultati che tutti conosciamo, e investendo tutto sui giovani (almeno per i cartellini, non sugli stipendi) è arrivato ad avere maggiore solidità economica di rivali che fatturano il doppio (in alcuni casi persino di un triplo, ma poi abbiamo scoperto che a qualcuno non bastava neanche quello e usava anche i soldi del monopoli). Per questo si ipotizza persino l'inizio di un ciclo vincente, tenendo presente la situazioni di alcune rivali e quella del Napoli, vittorioso con una squadra giovane, sostenibile e con in estate grande disponibilità (al netto di qualche cessione forzata) per completare un organico già di altissimo livello ed in continua crescita.

La vittoria di ADL. Non può che essere altrimenti nonostante a livello comunicativo abbia sempre provato (spesso riuscendoci) a distruggere tutto l'enorme lavoro fatto. E' la vittoria di ADL anche quando si danno più meriti a Giuntoli o Spalletti, fenomenali ma entrambi scelti da lui, rispettivamente dal Carpi e dopo anni a casa stipendiato dall'Inter e forse fuori dal grande giro. Così siamo passati dagli A16 in estate... a 16 punti di distacco alle rivali per gran parte del campionato. Dagli insulti e le contestazioni di Dimaro che lo costringevano a non uscire dall'albergo (se non per una corsetta mattutina, anche quella non senza disturbatori) alle celebrazioni di questi giorni persino negli striscioni degli Ultras. In realtà il suo progetto è sempre stato chiaro, il suo Napoli è sempre stato in alto nonostante l'indebitamento delle rivali. E le sue parole di questi giorni, sugli altri Scudetti che sente suoi, rappresentano finalmente il pensiero dei napoletani. Non solo per le ultime inchiesta, ma anche per quei 91 punti col VAR intermittente ad ogni gara della Juventus fino ad Orsato-Pjanic. Quest'anno invece non sarebbe bastato neanche quello. Il Napoli ha umiliato il campionato, Napoli è finalmente tricolore.


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