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Bergomi: "Per Conte un vantaggio non giocare le coppe al primo anno, vi spiego"

di Pierpaolo Matrone

Dal palco del salone del CONI durante la 41esima edizione del premio di cultura sportiva Beppe Viola è intervenuto Beppe Bergomi: “Ne è valsa la pena essere qui, è un premio che va avanti da così tanto tempo e questo significa tanto. Sono felice di essere qui e per me è un orgoglio ricevere questo premio. Voglio pensare che questo premio sia legato soprattutto a quello che faccio nei settori giovanili e nel sociale. Ho sentito interventi giusti, però l’umiltà dei ragazzi di oggi dobbiamo tirarla fuori noi. Pisilli e Zaccagni sono l’emblema, una volta i tifosi entravano ad Appiano e stavano al nostro fianco. I ragazzi sono più svegli di noi, dobbiamo capire questo. Ho fatto quattro mondiali, il mio cuore è legato a quello del 1982 dove a 18 anni siamo diventati campioni del mondo. Noi avevamo una guida come Enzo Bearzot che non sapeva solo di sport, per me è stato un secondo papà. Sono entrato in punta di piedi in un gruppo di grandi uomini. Per me il mondiale del ‘90 è ancora una ferita aperta, quella semifinale con l’Argentina fa ancora male. E poi la mia personale rivincita a Francia ‘98 tornando in nazionale dopo cinque anni. La nazionale deve essere il punto di arrivo, indossare quella maglia è un onore.

Penso che le squadre che fanno le coppe devono rimanere attaccate fino a febbraio, c’è chi dice che è meglio giocare le coppe, ma per Conte al primo anno è meglio così. Il Napoli è forte, ha qualità e grande fisicità. Le altre squadre devono rimanere attaccate, è tutto molto aperto. L’Inter è una squadra forte, esperta con giocatori di grande valore in ogni ruolo”.


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