Chiariello: "Stiamo sottovalutando il mondo arabo. Si riparta dai vivai"
A Radio Napoli Centrale, nel corso di 'Un Calcio alla Radio', il giornalista Umberto Chiariello, è intervenuto con il suo editoriale: "Stiamo sottovalutando il mondo arabo. Fa sorride il pensiero che sono ricchi scemi che hanno la possibilità di avere i soldi fuori dalle tasche, ma le cose non stanno proprio così. Sono ricchi sfondati, ma tutt’altro che scemi. Sono veri e propri stati, non imprenditori privati, che hanno dalla loro la forza del petrolio, delle idee e della managerialità. La maggior parte degli uomini d’affare arabi è gente che ha studiato a Londra o NewYork, gente con lauree in Business Administration, un background di studi importante. Pensate che Bin Laden era un uomo di Wall Street.
Quest’assalto arabo non è casuale, né dettato dai portafogli pieni, ma un assalto vero. Stanno chiedendo il rinvio al Mondiale nel 2030 per mettere in piedi un carrozzone nuovo, molto più potente della presunta SuperLega che volevano fare alcuni club europei. Negli anni ’50, in Argentina, ci fu la serrata dei club: la difesa dei propri diritti da parte dei lavoratori, la si esercita tramite lo sciopero, un diritto democratico sancito dalla Costituzione, ma esiste anche l’altra faccia della medaglia, cioè la possibilità che le imprese si arrabbino e nel caso del calcio, dei club che fanno la serrata, cioè le imprese che si rifiutano di produrre. Nel calcio, appunto, è capitato ai club argentini fermando il campionato. C’era un Paese, la Colombia, che forte dei soldi della droga li rinvestì nel calcio e si andò a prendere i migliori calciatori dall’Argentina. Nel River Plate di quegli anni, c’era anche Alfredo Di Stefano. Il primo ad essere attratto da quei soldi fu Pedernera che chiamò proprio Di Stefano. In quegli anni, la Colombia fu chiamata El Dorado Colombiano, ma fu messa fuori dalla FIFA, considerata fuori legge perché prendeva i calciatori e da questa situazione nacque il pasticcio Di Stefano che si stava allenando col Barcellona e passò al Real Madrid. Questo excursus storico è necessario per comprendere lo scenario di oggi. Difficile resistere, parliamoci chiaro, a certe cifre, sia per i calciatori che le società. In questa situazione, però, come dice Alessandro Giudice sul Corriere dello Sport, l’Europa deve cominciare a riflettere e fare muro se non vogliamo depauperati tutti i campionati europei.
La Premier è disposta a farsi soffiare i migliori calciatori ed impoverire il prodotto? Oggi la si coglie come opportunità di liquidità, ma le rose si impoveriscono e la Champions che è il fiore all’occhiello della UEFA, può accettare di diventare una competizione minore? Si tratta di soldi ai quali sono sensibili tutti. Negli anni ’80, l’Italia era il predone dell’epoca che voleva prendersi giovani argentini e brasiliani, ma trovò un muro perché la Federazione brasiliana pose un veto sui talenti U23. Forse è il caso che le Federazioni europee si tutelino, combattendo seriamente gli arabi con una Golden Share sui giovani talenti del campionato indigeno? Questa è la domanda da porsi. Difendere i vivai nazionali e rilanciare l’utilizzo di essi che, tra l’altro, a livello di manifestazioni U20, U21 stanno dimostrando che ci sono tanti giovani validi e non posso pensare che debba esserci un Gagliardini in rosa e non un Casadei. Sassuolo, Empoli e Atalanta esempi da seguire, ma ancora casi isolati".