Palmeri: "La Juve ha fatto di tutto per togliersi Marotta dai piedi. C'era modo e modo di terminare la storia..."
Fonte: Tancredi Palmeri per Tuttomercatoweb.com
Sicuramente eterno non lo è nessuno, men che meno i dirigenti. Ma c’era modo e modo di terminare la storia di Marotta alla Juventus. Non si parla di stile, ma semplicemente di rispetto per quello che comunque ha potuto portare al club, accanto a Agnelli e Paratici.
La Juventus perderà l’architettura italiana, che è stata una delle tre stampelle su cui poggia il progetto juventino: se Agnelli è la mente globale del progetto, se Paratici è l’uomo dei colpi stranieri che hanno innescato un circolo virtuoso, Marotta però è stato il fautore di tutto il mercato italiano che ha fornito alla Juve preziose seconde linee, e soprattutto preziose plusvalenze nonché una rete di prestiti e giovani che foraggiano questo circolo virtuoso dei conti juventini.
Difficile credere al concetto di rinnovamento di cui parla Agnelli: che senso ha cambiare il capo di qualcosa che tu stesso hai giudicato andare perfettamente?
Lo hanno capito tutti che Marotta è stato fatto fuori, anche se nessuno pensava lui e il presidente non avessero totale identità di vedute. E infatti nemmeno si tratta di divergenze, ma forse di occupazione del potere, di presidenti che forse ritengono i fedeli amministratori delegati troppo ingombranti.
Del resto è stata una costante di questo ciclo agnelliano il repulisti di chi potesse oscurarne il dominio assoluto, che si trattasse di allenatori come Conte, o di leggende come Del Piero.
Onestamente nessuno aveva intravisto potesse esserci una sensazione simile verso Marotta, eppure pur essendo fedele ad Andrea Agnelli, l’amministratore delegato però ab origine era stato scelto dall’altra ala della famiglia, quella di John Elkann, il che probabilmente lo rendeva smarcato dalla totale subalternità al presidente della Juventus.
Forse dietrologia, forse supposizioni. Ma allora perché licenziare così Marotta? (Perché di licenziamento si tratta, quando non rinnovi un contratto in scadenza così importante).
E soprattutto, perché un mese fa provare a sbolognarlo, mandando in giro la voce della sua candidatura in Figc, provando a testare il terreno, chiedendo l’aiuto della politica sportiva a Roma, insomma facendo di tutto pur di toglierselo dai piedi?
Cambiare è lecito, per carità. Ma lo dicevano già i latini: est modus in rebus.