Da 0 a 10: il Carnevale di Rio a Salerno, il preservativo effetto ritardante, quelli che non hanno capito un ca**o e Osimhen piegato in due
Zero a quelli che non hanno capito un ca**o e parlano di festa rovinata. Ma l’avete visto che spettacolo era il Maradona? Le avete viste le strade, i colori, l’azzurro, i sorrisi, le maglie, l’euforia? Dove eravate ieri? Questa minuscola, e insignificante parentesi, incide sul capolavoro come un acaro della polvere invisibile. È come quando fai il primo caffè dalla macchinetta, è stata una prova. Non capisco lo stupore: noi che ci siamo inventati il caffè sospeso, il regalo sospeso, il vulcano sospeso, il futuro sospeso vuoi vedere che non potevamo posticipare lo scudetto? A noi stare sospesi ci piace assai, ci fa sentire leggeri. Abbiamo fatto un aperitivo, altre patatine. Grazie.
Uno al punto che manca, la manciata di sale per dare un gusto ancor più unico al tutto. Dopo aver tifato contro la Lazio a San Siro, ci toccherà tifare per la Lazio contro il Sassuolo: se i biancocelesti non vinceranno il Napoli sarebbe Campione d’Italia mercoledì nel suo albergo di Udine. La sostanza non cambia, come quando ti chiedono: “Voi a Natale festeggiate anche il 24 sera? No, noi a Natale festeggiamo dal 24 dicembre al 6 gennaio”. Figuriamoci per lo scudetto che attendiamo proprio da trentatré anni.
Due turni con un gol alla Juve e con l’assist per Olivera. Buono l’impatto di Raspadori, un seme che il Napoli sta coltivando con la cura che meritano i fiori più belli. Cresce Giacomo, nella condizione, nelle convinzioni, nei margini di manovra all’interno di un modulo tattico che può farsi più flessibile grazie alla sua duttilità. La priorità per una squadra che ha terrorizzato mezza Europa è una sola: dotarsi per il futuro di nuove soluzioni per combattere il rischio prevedibilità. E Jack è un ottimo antidoto.
Tre gol in campionato, l’ultimo l’8 novembre ad Empoli. Lozano mette in campo volontà, qualche buono spunto, ogni tanto indovina la partita come a Francoforte nella trasferta contro l’Eintracht. Poi però ripensi allo stipendio, che guadagna quasi quattro volte quello che guadagna Kvara, e allora due domande devi fartele. Sognava un grande club, la sensazione è che sia lui a stare stretto al Napoli e non il contrario.
Quattro ore di festa per il giorno dei giorni a Salerno, per Salerno che celebra gli eroi riusciti nell'impresa di mantenere appena 45 punti di distacco dal Napoli. Caroselli, sfilate, fuochi, squadra accolta in trionfo che nemmeno l’Italia in ritorno dalla Spagna nell’82. La giornata memorabile è roba da voyer, che restano a guardare mentre gli altri si preparano ad un orgasmo collettivo. Fungere da preservativo con effetto ritardante non è che sia questa grande impresa.
Cinque province, che fanno giri immensi come le vite di Mengoni. La Campania diviene napolicentrica quando si presenta agli altri, perchè dire “sono napoletano” fa più scena, è più evocativo. Quando però questa relazione si rivolge verso l’interno, ecco la frattura, l’acredine, quel livore poco spiegabile soprattutto dagli abitanti di Salerno. Insensato costruire una rivalità su basi inesistenti, non può esistere un derby perchè Napoli non riesce a concepire una squadra diversa da Napoli. Le grandi battaglie nello sport, i dualismi storici hanno bisogno di un presupposto: competere per gli stessi obiettivi. Non è mai stato questo il caso.
Sei giornate da giocare, altre tre al Maradona. Ma come fate a non capire? Sarà una passerella, un tricolore da assaporare fino all’ultima goccia. Da raccontare, da ricordare, da vivere. Fuorigrotta sarà la casa dello Scudetto, il Cavern Club della rivoluzione compiuta da Spalletti e dagli altri Beatles partenopei. Colori, musica, ispirazioni multietniche: è un raduno globale della felicità, senza orari e senza scadenze. E ci dispiace per gli altri, che sono tristi.
Sette all’eroe mancato. Cinica la storia, nella sua rigidità, ingoia i protagonisti in base alle sue voglie, li seduce e poi li abbandona ai bordi della strada. Mathias Olivera sarebbe stato in eterno l’uomo del gol scudetto, quello da abbinare ad ogni immagine di una giornata storica. La sua incornata, come quella consacrata all’eterno di Marco Baroni per il secondo scudetto. Un 17 che segna con la 17 di Hamsik, nel giorno in cui Napoli aveva abbandonato ogni scaramanzia. Le divinità sono assai permalose, se li vai a sfruculiare oltre il consentito apparecchiano la tavola per la vendetta. “Gli dei non sono tenuti a essere giusti”.
Otto a Osimhen piegato in due in mezzo al campo, disperato mentre ripensa all’intervento mancato su Dia. Non è certo colpa di Victor, ma di un errato posizionamento difensivo dovuto al cambio Olivera-Juan Jesus non ancora metabolizzato. Sono lacrime sincere quelle del 9 azzurro, che già pregustava la festa col suo popolo. Le lacrime insegnano tanto, nessuno lo sa più di Osimhen. Faremo ancora più rumore Victor.
Nove al godimento dilazionato di Spalletti. Meraviglioso Luciano nell’assorbire il colpo, nel rivendicare l’eccezionalità del cammino. Nessuno, e dico nessuno, nella storia del nostro calcio aveva mai vinto il campionato con sei turni d’anticipo. Il suo Napoli ci è andato vicino, vicinissimo. Già questo rende la portata dell’impresa, un impresa senza macchia a differenza delle abitudini del nostro pallone. È un campionato da vivere al contrario come la vita di Woody Allen: era iniziato col trauma, con gli addii scioccanti e finirà con un orgasmo.
Dieci al giorno prima della felicità. A come Napoli aveva preparato il cuore, s’era fatta bella come poche volte. La condivisione di un momento unico, la voglia di rispondere ‘Presente’ alla chiamata della storia. Dentro ad ogni vicolo, nelle case, sui tetti di ogni napoletano sparso per il mondo è spuntato un fiocco d’azzurro. Un parto che non conosce sosta, un amore che si rinnova quotidianamente. Striscioni geniali, eccessi, esagerazioni, follie, rumori, risate. Un racconto meravigliosamente popolare, la livella prima della morte. Tutti incredibilmente uguali, tutti indissolubilmente uniti sotto un solo colore. Dentro ad una fede.