Da 0 a 10: il nome del 3° allenatore, la frase pornografica di Mazzarri, lo schiaffo sfuggito al Var e Osimhen che perde la coincidenza
Zero alla pornolalia di Mazzarri, che cita Napoli-Spezia della passata stagione dicendo ‘anche lo scorso anno si faceva fatica in qualche gara’. Già questo, solo questo, senza tutto il resto, basterebbe per certificare lo stato di assoluta confusione, la collocazione fuori da questa galassia di Walter in questo momento. Lo scorso anno, per Mazzarri, dovrebbe essere come la madre di Johnny Stecchino: non lo devi nemmeno nominare! C’è stato un momento, un solo momento, in cui ho immaginato che ci fosse Crozza a fare l’imitazione di Mazzarri in conferenza. Invece era lui. E l’ha detto davvero.
Uno il cartellino giallo a Kvaratskhelia, esasperato dall’ennesima partita con più botte prese di una comparsa in un film di Bud Spencer e Terence Hill. Calci, spinte, provocazioni, pestoni, gomitate a palla lontana: il campionario delle porcherie sul ragazzo è illimitato. E gli arbitri continua a consentirlo. Perchè in Italia si tutelano certi brand, mica il talento. Sacchi altro arbitro mediocre. Lui, ed il Var, si perdono anche uno schiaffo a mano aperta di Messias in area del Genoa che sarebbe stato da punire con il rigore.
Due allenatori, un direttore sportivo che ricorda Kevin Bacon nell’uomo senza ombra, scelta e sul mercato al risparmio ed un gennaio chiuso a costo zero reinvestendo solo i soldi di Elmas, senza sborsare manco un euro al fronte della promessa di provare a rimediare ai propri errori. C’è Aurelio De Laurentiis sullo sfondo di questo disastro, non come personaggio marginale, tutt’altro. C’è il patron, come una gigantesca ombra che ha offuscato il cielo, ha rubato la luce e la gioia con la scelleratezza del proprio agire, mosso da un ego che ha fatto scappare via Giuntoli, Spalletti e tuti i possibili successori di primo livello. Con quest’aria da Marchese del Grillo, che io so’ io e voi non siete un ca**o, s’è ritrovato a gestire solo e senza idee un disastro che nemmeno Nostradamus nel suo giorno di umore peggiore avrebbe osato prevedere.
Tre come il terzo allenatore, che in molti invocano, chiunque esso sia. Che il buon senso invoca, a prescindere dal nome. Non perchè ci sia molto da salvare, ma perchè non ci può rassegnare così passivamente alla mediocrità. Non è vero che al peggio non c’è mai limite, perché qui il peggio è uno status irreversibile. Avvilente. Sappiamo che, perchè è palese, con Mazzarri in Champions il Napoli non si qualificherà, perchè la media è da retrocessione. Sappiamo che, tenendo Mazzarri, la scelta della società sarà fissare l’obiettivo in una salvezza tranquilla, ondeggiare in questo melma fino a fine stagione. Che imbarazzo.
Quattro due, come i quarantadue punti di Garcia. La media del francese era di 1.75 che in 24 giornate avrebbe portato in piena zona Champions, quindi non si capisce perchè Mazzarri parli del suo precedessero come se lui stesse facendo meglio. Tutt’altro. Mazzarri sta facendo molto, ma molto peggio. “Sono arrivato e c’erano dei problemi” dice Walter, ma quali sono questi problemi? Perchè non li racconta? Perchè De Laurentiis in conferenza ha detto che l’unico problema della stagione è stato non trattenere Spalletti? Perchè non ci fa appello alla dignità e ci si fa da parte, quando il campo ha emesso una sentenza inequivocabile?
Cinque a Simeone, che in area è come un anziano che ha perso la dentiera: non morde. Sempre un centesimo dopo, a farei conti con l’attimo fuggente che è già fuggito, a dare il massimo senza che il massimo sia bastato. Possiamo parlare di molte cose, ma sui numeri, bisogna comunque fare una riflessione: 1 gol in Serie A in 598’ giocati. In dieci ore di pallone, il Cholito solo una volta ha fatto gol in campionato. E dieci ore sono tante. E un gol è davvero una miseria.
Sei e mezzo a Kvaratskhelia, che sale sui banchi di scuola come Robin Williams a predicare la bellezza dell’arte, ma trova poche orecchie e pochi cuori pronti ad accogliere il suo messaggio di speranza. È solo KK, che è l’unico schema rimasto a questo Napoli: palla al 77 e vediamo quanti ne salta, che magari qualcosa succede. Logorante, per lui, giocare sempre sulla soglia della disperazione. Imbarazzante, per chi allena, non esser riuscito a creare una struttura per farlo renderlo al meglio, senza portalo allo sfinimento.
Sette-sette, come il 77% di possesso palla invocato da Mazzarri, come se il possesso palla fosse un titolo di studio. Come se far girare la palla, e pure la palla, fosse in sè un merito, un’attestazione di grandezza. Qui non è la questione di tenere la palla, ma di saperne cosa fare, in che direzione muoverla, a che velocità farla girare. Il mero possesso è una patologia narcisista, la concessione di un Genoa che mai s’è sentito davvero minacciato dal lasciare il pallone ad una squadra meno interessante dei servizi di Studio Aperto sui gatti. "Centellinate le parole come fareste con un vino pregiato o se steste facendo l’amore” è il consiglio per Mazzarri. Oltre alle dimissioni, naturalmente.
Otto alla famelica volontà di Ngonge, che pare Aristoteles quando Oronzò Canà lo fa entrare a fine partita per ribaltare il risultato. E per poco non ci riesce. Bravo Cyril, che punta l’uomo, la porta, l’area e trova un gol da centravanti vero, conclusione quasi beffarda se si pensa che Simeone e Raspadori non erano mai riusciti nemmeno a tirare in porta. Ha forza, sfrontatezza, qualità fisiche e tecniche per diventare un elemento importante. Con Politano, che dopo il rinnovo s’è afflosciato come un girasole di notte, meriterebbe una chance dal 1’.
Nove punti dall’Atalanta, che occupa il quarto posto, ed una confusione che nemmeno dopo il big bang. Mazzarri ci capisce poco, lancia a caso giocatori nella mischia ed in cinque minuti Lindstrom si trova a fare prima il trequartista, poi l’ala destra, poi l’esterno sinistro, poi il venditore di caffè borghetti, infine il parcheggiatore ‘capo na cosa a piacere’. E Kvara, appresso al danese, è costretto allo stesso peregrinare. Tentativi, andando a tentoni, come un bambino che inizia a gattonare due coyote che inizia a… finita e voi la frase.
Dieci minuti di ritardo: Osimhen perde pure la coincidenza in tangenziale e si perde pure l’inizio della gara. Il Totem di questa sciagurata stagione è Victor, la sua assenza in panchina, pure per lanciare un segnale e non necessariamente per giocare. S’è allenato da solo, e va bene. Ormai gioca solo per se stesso, e questo va meno bene. È merce in vendita, a caccia del miglior offerente e della migliore sistemazione. Perchè mai stringere i denti per giocare contro il Genoa, quando all’orizzonte c’è il Barcellona, vetrina ben più luminosa per le ambizioni di Osi? Guardando tutto quell’amore tradito accasciato sugli spalti del Maradona, proverei vergogna. Ci sono cose che un tifoso può perdonare. E altre che non può perdonare. La strafottenza è tra quest’ultime.