Da 0 a 10: L’Uefa sputtanata in mondovisione, i ciucci infamano Kvara, Spalletti incazzato nero e la migliore stagione della storia
Zero dubbi. Anche il milanista più sfegatato, vedendo il replay dell’intervento di Leao su Lozano, si era già rassegnato: rigore solare. Come il Var abbia potuto andare oltre, sputtanando la Uefa in mondo visione, è un mistero Buffo che farebbe arrossire anche Ponzio Pilato “Che fece per viltade il gran rifiuto” (secondo altri critici Celestino V). Non ci sono margini di manovra, non esistono spiegazioni, è un miserabile buco nero di un sistema che continua a prostituirsi a logiche che umiliano lo spirito del gioco. I Gattopardi sono in mezzo a noi.
Uno il gol segnato nel recupero della seconda gara. Sulla questione si potrebbe discutere, come si fa sul sesso degli angelo, senza venirne a capo. Dove iniziano i meriti di Maignan e l’imprecisione azzurra, è un confine ballerino, che se ci metti a ballarci sopra rischi di uscire fuori di testa. Paradossale come almeno quattro delle occasioni più clamorose tra andata e ritorno siano capitate a due difensori: Di Lorenzo e Olivera.
Due arbitri che hanno flagellato il Napoli più della bottiglia di Tafazzi. Da Kovacs a San Siro, all’incredibile omissione del Var al Maradona: le peripezie arbitrali sono state un macigno da trascinare, come quello di Sisifo su e giù da una parte all’altra della montagna. “Non esiste destino che non possa essere superato dal disprezzo”. È questo il sentimento dominante per questa doppia imboscata a cielo aperto. Lo esprime Spalletti, incazzato nero nel dopo gara.
Tre…ntotto a diciotto. Questo è il dato dei tiri in porta nelle due gare. Un numero può essere freddo, se non viene confortato da un ragionamento ed è chiaro che il rammarico va alla condizione degli attaccanti. Osimhen al 50% della forma e dell’utilizzo, Simeone out, Raspa al 30% fisico: l’ecatombe di tutti i tuoi ‘9’ in due gare in cui hai creato più di Dio nei primi sei giorni della sua creazione. Spuntato nei finalizzatori, non nella volontà.
Quattro incroci col Milan in stagione ed una costante: l’incapacità di tenere a freno le scorribande di Leao. Se c’è un punto dolente, un passaggio a vuoto negli incroci col Diavolo, è senza dubbio questo qui. Con Maignan il segreto della qualificazione dei rossoneri, proprio due che nella stagione tra infortuni e bronci non avevano reso secondo le aspettative. Il calcio è fatto di momenti, non è mai statico. È la sua parte più affascinante.
Cinque a quel pallone perso da Ndombele, che genera una serie incredibile di sfortunati eventi. Tra omissioni di soccorso e l’imperdonabile errore ‘ci penserà qualcun altro a spendere un fallo su Leao’. Se c’è una cosa che il destino sa fare, è leggere i tuoi attimi di insicurezza. Con tutto l’enorme cinismo che si fonde dentro a un grande rimpianto. “Nel matrimonio, esitare significa a volte salvarsi”. Nel pallone no. Nel pallone mai.
Sei a Kvaratskhelia, che arriva sfinito a calciare il rigore’. In due gare ci ha provato, s’è dannato, ha commesso qualche errore dopo aver dovuto saltare due uomini, a volte pure tre. S’è ritrovato spesso da solo, col socio Victor a mezzo servizio, senza mai sottrarsi al suo ruolo, alla sua grandezza. Ha spezzato più raddoppi che Spartaco catene, ha sfiorato più volte il bersaglio grosso mancandolo per puro caso. Indomito, fiero, puro nelle lacrime dopo l’errore dagli 11 metri. Lucio Dalla diceva “Quando mi parlano di bellezza mi viene in mente, come prima immagine, Napoli”. Oggi io penso agli occhi umidi di Kvara. E sono orgoglioso di questo ragazzo.
Sette a Politano, che s’abbatte come una furia sulla corsia di destra fino all’infortunio. Sfiga nelle sfighe, ennesimo sgarbo che la Dea Fortuna propone al Napoli in questo doppio confronto. Benissimo Matteo, che sembrava la chiave giusta per scardinare il fortino di Pioli. Tiri, assist, sterzate, cambi di ritmo: Theo ha passato una brutta mezz’ora, come quella di Cannavale. Maledetta quella caviglia, giratasi come una divinità che ti dà le spalle quando ti servirebbe una piccola spinta. “Se c'è un essere supremo, deve essere pazzo”.
Otto a Meret, che alita sulla punta dell’aeroplano di carta per alimentarne la speranza di proseguire il volo. Se il Napoli resta in corsa fino alla fine è per le parate di Alex, superlativo due volte su Giroud nel primo tempo. Dedicata ai fenomeno del ‘non fa mai parate importanti’. Le critiche a Meret sono un antico male, un malcelato pregiudizio da parte di chi s’era sbilanciato troppo e non ha il coraggio di scusarsi sulla questione. Come la goccia scava la pietra, così Meret ha consumato i suoi detrattori.
Nove al nove intermittente, non per colpa sua, come le luci sull’albero di Natale. Osimhen non sfugge alla sua natura di bomber, senza più un briciolo d’energia e d’ossigeno trova il modo di trafiggere il diavolo con una zuccata che aumenta il rammarico. Per quel che poteva essere e non sarà. Ci sarebbe piaciuto giocarcela alla pari, con gli uomini giusti nelle condizioni giuste. È l’unico grande cruccio, un tarlo nel cervello ed una mezza idea di fare causa alla federazione nigeriana. Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi… imprecazioni. Pure in aramaico.
Dieci alla migliore stagione della storia del Napoli: lo dicono i risultati, perchè nell’anno del terzo scudetto arrivi ai quarti di Champions, dove non c’eri mai stato. L’ha imboccato stanco il bivio Champions questo Napoli, consumato come un marmo che ha già regalato al mondo una serie infinita di capolavori. Ma se da un pezzo di pietra tiri fuori il David, resti comunque consacrato all’infinito come Michelangelo. L’arte è un lungo viaggio, come lo sport e la sua grande lezione: che vittoria e sconfitta sono solo una lezione da cui trarre l’insegnamento più utile. Riprendete ago e filo, ricomincia l’operazione ‘cucire sul petto il tricolore. Quello scucito al Milan, che ieri ha festeggiato la vittoria della Champions. Ah, no. Gloria a questa squadra pazzesca che deve godersi ogni momento di questa annata pazzesca come insegna il Bianconiglio: “Per quanto tempo è per sempre? A volte, solo un secondo…”