Da 0 a 10: la Juve fa ricorso, Il dito per ADL di Mertens, l'oscena bugia di Allegri e le pecorelle di Lobotka
Zero a quelli che le ASL. Che hanno insinuato, con la lingua a penzoloni ad ossequiare ogni nuovo padrone, a venerare una divinità sempre differente. Il Napoli è stato ancora massacrato, sono state fatte allusioni sulla malafede, sulla volontà di non disputare una gara contro questa Juve che è riuscita a farsi palleggiare in faccia da una squadra disastrata. Con un Napoli al 50% delle possibilità sarebbe stato un massacro, chi non l’ha capito non ha mai visto il calcio. Cacata Carta, avrebbe sentenziato Catullo.
Uno il rinforzo già in città, arrivato praticamente con le scarpette perché tempo da non c’è tempo da perdere. Tuanzebe è già in città, spera di vestirsi d’azzurro già per la Samp e Spalletti sa bene quanto servano energie fresche. Axel, ragazzone del ’97, è profilo giusto da inserire per tamponare l’emorragia numerica. Operazione in stile Anguissa, rendesse anche la metà di Frank sarebbe già un super affare.
Due minuti a inveire, sbraitare come cani rabbiosi contro l’arbitro perché (giustamente) non fa battere il corner a tempo già scaduto da un pezzo. Lo specchio di un arroganza che è maligna, che si annida nella quotidianità di questo paese. È l’insopportabile struttura piramidale costruita negli anni, che consente a certe squadre di pretendere gestioni differenti rei regolamenti. Murakami nel segno della pecora fornisce la risposta: “Irritarsi costituisce una sconfitta”. Per la Juve il pareggio è una mazzata tremenda, prima di tutto nell’orgoglio di una squadra consapevole di aver affrontato un Napoli devastato dalle assenze.
Tre come un numero perfetto. Il buon Giovanni è uno scienziato nell’addomesticare la volontà. Ce l’aveva spiegato la volpe del piccoli principe di quanto sia importante addomesticare, ma noi dimentichiamo in fretta. Di Lorenzo dovrebbe avere una cattedra all’università sulla materia. Lì, dove siamo solo noi e la vocina nel cervello che implora pietà, possiamo cambiare il mondo. In quel posto, che è grande come e più del mondo, possiamo vincere. Possiamo pure perdere, ma poi siamo pronti a dare di nuovo battaglia. Di Lorenzo è il Re di quel Mondo.
Quattro assenze. Allegri inciampa sulla matematica, come Venditti in Notte prima degli esami. Allegri mente sapendo di mentire, gioca a fare il Confucio seguendo la massima ‘Se non puoi convincerli, confondili’. Perchè la sua Juve non convince, anzi è proprio orrenda, e allora Max getta sul tavolo carte a caso, lancia ami così magari qualche pesce abbocca pure. “Avevano tutti i titolari” dice abbassando lo sguardo, come un bambino che dice una bugia. Ci sarebbe pure da arrossire dinanzi a robe del genere caro Max.
Cinque punti sulla Juve che sono in realtà sei perché il Napoli ha acquisito il vantaggio nello scontro diretto in caso di arrivo a pari punti. Tra la strada che da fare e quella già fatta esiste solo una grande verità: quella del presente. Il Napoli non deve sprecare energie, controllarsi le spalle o sbirciare lì davanti ha poco senso. Il Napoli deve essere quello visto a Torino, applicare la stessa disciplina ad ogni impegno. E contro ogni avversario. Si vocifera di una Juve pronta a fare ricorso per la presenza dei tre isolati in campo. Fa già ridere così.
Sei gennaio, dolci e carbone. La Befana di Insigne ha sapori contrastanti, vorticosamente travolge testa e cuore, portafoglio e sentimento. È la settimana dell’addio, dello champagne, del tempismo sballato. La faccia è tesa, la maglia pesante, ma Lorenzo risponde con abnegazione e serietà. Ora non bisogna trascinarsela questa lunga separazione, bisogna viverla con la serenità che merita una storia così lunga. Forse si sentirà più leggero, in quella maglia che da sempre è il suo vestito migliore.
Sette al ragioniere Stan in doppio petto e senza stress. È camomilla in movimento Lobotka, capace di rilassare i muscoli della squadra come un santone delle Filippine che sa toccare tutti i punti giusti. Non gioca una partita, esegue un massaggio contro le ansie dei compagni. Nel vortice frenetico del match, quando arriva il pallone allo slovacco compare la scritta ‘Intervallo’ e parte la ‘Toccata In La Maggiore’ di Pietro Domenico Paradisi. Sembra pure di vedere le pecorelle che attraversano la strada sullo sfondo e tutto si fa quiete, lasciando la tempesta sullo sfondo. Eccezionale nella sua semplicità.
Otto a Ghoulam, che storia Ghoulam. Che non gioca mai, che non vede il campo da mesi, che l’ultima da titolare l’aveva giocata a marzo. Che pensi ‘Ecco, ora molla’ e invece non arretra di un centimetro. Che apre la falcata, ancora timida, e ti rievoca ricordi che sembrano l’acqua di una cascata. Che fantastica storia e la vita, che quando pensi che sia finita ti ritrovi a pescare dal mazzo un jolly come questo. E quando peschi un jolly poi il futuro può assumere una forma differente, perché il futuro non lo controlli, devo solo farti trovare pronto quando accende la luce su di te. Quella luce ieri puntava dritta su Faouzi. E un pochino ci viene da piangere a ripensarci. Rinascere non accade una volta sola. Rinasce accade tutte le volte che ti rialzi, anche se sei rimasto al suolo per tanto tempo. Forse troppo.
Nove al destro malandrino, ostinato e contrario di quel ribelle di Ciro. Lampo nella notte sabauda, pugnalata alle paure annidate sul cuore come polvere. Spazza tutto via Mertens, cambia la storia della gara e forse pure la sua. Guardatela bene dopo il gol, sfacciato e innamorato. Col dito che punta verso il cuore e lo stemma del Napoli, che da tempo sono la stessa cosa. Folle Ciro, che immagina giocate prima che accadano, che disegno nell’aria i colpi che poi diventeranno realtà. Un gol, ancora un gol. Un messaggio per Aurelio, la speranza di un amore che vuole ancora chiamarsi amore. “Conserva i tuoi sogni: i saggi non ne hanno di così belli come i pazzi!”. Sogna Ciro, sogna. E lasciaci sognare un finale da favola.
Dieci a Luciano in smart working. Trovare le parole giuste, scavare dal petto quel sentimento che rende possibile ogni impresa: l'orgoglio. C’è tanto Spalletti nella prestazione del Napoli, ci sono motivazioni profonde donate a tutto il gruppo nel discorso (a distanza) prima del match. Ha preparato la gara sulle macerie, ha scolpito un piccolo capolavoro dando nuova vita ad una lastra di marmo che sembrava non avere più il dono della bellezza. Il mister ha curato, con la capacità e le competenze di chi sa come si fa, tutte le ferite di questa squadra. Bravo lui, bravi tutti. Nient’altro da aggiungere.