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Da 0 al Nulla: la minaccia terribile di ADL, le caz**te sul nuovo tecnico, l'annuncio shock di Calzona e le colpe di una squadra senza palle

di Arturo Minervini

Niente Zero, niente Dieci: oggi solo il Nulla. In nessuna quantità o misura. Un vuoto quasi incolmabile, una voragine nel petto, lì dove brilla uno scudetto, disonorato dall’apatia in nessun modo giustificabile. 

Nulla, come la volontà di combattere. Il Napoli che NON scende in campo ad Empoli è probabilmente il peggiore dell’era De Laurentiis. Difficile ricordare una squadra che per tutta la gara di fatto abbia rifiutato di giocare, limitandosi giusto a giochicchiare come nelle partite del dopolavoro ferroviario.

Nulla, come la presenza di un presidente che anche ieri ha fatto il suo show, ma solo in privato e poi si è dato alla fuga. Irruzione nello spogliatoio al 45’, così come era accaduto nella gara di andata (quella dell’esonero di Garcia). Poi via di fretta, senza metterci la faccia. Senza andare in Tv a scusarsi con i tifosi. Senza riconoscere le proprie colpe. Senza raccontare del mercato ridicolo di gennaio, quello in cui aveva promesso di ‘rimediare alle proprie colpe’. De Laurentiis non ci ha capito una mazza, dallo scudetto in poi ha fatto solo disastri. Ha distrutto il suo rapporto con Spalletti, che non vedeva l’ora di scappare via, perchè non tutto si può comprare con i soldi. Ha distrutto lo spogliatoio e l’entusiasmo tricolore, parlando a tutti di una politica di riduzione degli ingaggi, perdendo Zielinski e avviando dinamiche devastanti nel gruppo. Il presidente minaccia ora di mandare tutti in ritiro fino al termine della stagione, ma il primo ad andarci dovrebbe essere lui. Così come avrebbe dovuto guidare la fila della squadra andata sotto la curva.

Nulla, come la voglia di combattere di un gruppo che s’è involuto ad uno stato adolescenziale. Tutti a innaffiare il proprio orticello, a rivendicare le proprie ragioni, a curare i propri interessi, dimenticando il concetto di squadra. Rassegnati, ad un finale della storia che non hanno saputo e voluto e potuto capovolgere, risucchiati in un vortice della mediocrità a cui si sono abbandonati. Perchè la colpa era prima di Garcia, poi di Mazzarri, ora di Calzona e in primis del presidente. Perchè faceva comodo, dare le colpe ad altri, perchè in molti se ne sono fregati di quello che stava accadendo. Di piatti che si rompevano, di questioni che non si affrontavano, di allenamenti fatti a intensità ridotta, tanto che ce ne fotte, i campioni dell’Italia siamo noi.

Nulla, come la capacità dei vari tecnici di comprendere come approcciarsi a questo gruppo. Garcia col distacco, Mazzarri col catenaccio, Calzona con l’integralismo da sbatterci la testa nel muro e la frase inquientate sull'Apatia mentale della squadra. Tre missioni fallite, per assurdo quella del francese la meno peggio sul piano dei numeri e dei risultati. Ci siamo fatti tutti fregare da questa squadra, che pensavamo valesse molto di più di quel quarto posto occupato da Rudi al momento dell’esonero. E ci sbagliavamo di grosso. Questa squadra, quest’anno, vale il posto che occupa oggi. “Non sottostimare il cuore di un campione” diceva un famoso allenatore NBA: ad Empoli non ci sono stati nè cuori, nè campioni. E questa è una macchia che difficilmente il tempo laverà via.

Nulla, come la speranza di restare competitivi senza praticamente spendere un euro. Col giochino delle tre carte, spostando i soldi da una parte all’altra, senza cacciarne dalle tasche: perchè ad Aurelio toccategli tutti, ma non il tesoretto. Vendi Kim a 60 e quei soldi, manco tutti, li usi per prendere Lindstrom (che non sapevi come utilizzare) dopo essere stato preso in giro da Gabri Veiga, prendi Natan (sarebbe indelicato infierire dopo la prestazione di ieri) dopo essere stato preso in giro da Kevin Danso, prendi Cajuste che era già una presa in giro nel momento in cui l’hai preso. A gennaio, perseverando diabolicamente, ti concedi pure il lusso di cedere Elmas e con quei soldi prendi Ngonge, nell’unico settore in cui avevi abbondanza, e poi vai ad elemosinare due prestiti dalla Premier League, con Dendoncker a contare le pecorelle in panchina e Traore già bocciato inesorabilmente da Calzona. 

Nulla come la società. Che non esiste. Che con l’addio di Giuntoli, ha vissuto un vuoto di potere mai colmato. S’è provato a dare ad altri quelle responsabilità, e quegli altri hanno fallito. Un conto è fare l’osservatore, altro è fare il dirigente. Su Meluso, come per Natan, sarebbe stucchevole infierire. Già al momento della nomina era chiaro fosse un Dead Man Walking, in attesa di trovare idee migliori. 

Nulla, come un progetto che ora deve tornare ad essere progetto. Nel momento in cui De Laurentiis non affida la panchina a Tudor, pensando ‘Tanto in Champions ci vado uguale’, ha smesso di essere un imprenditore. Ha iniziato a fare lo scommettitore, e le scommesse si perdono anche. Ora basta cazzate sul nuovo allenatore, non si rifaccia la storiella del ‘volevo quello, volevo quell’altro, ma sono brutti e cattivi e non hanno accettato’. Se Conte vuole il Napoli, la risposta l’avrà già data. In caso contrario, si deve già aver pronta la soluzione. OGGI. Non domani, non fra due giorni. OGGI. Il Napoli deve ripartire, ricostruire, rifondare. Buttare tutto giù e tornare a ragionare da club lungimirante. 

Nulla, come la reazione a tutto questo nulla. Perchè nel calcio ci possono stare le stagioni storte, che nascono sbagliate e non raggiungi gli obiettivi che pensavi di meritare. Ma qui si è andati oltre. Dove non arriva la tecnica, arrivano gli attributi. C’era da stringere i denti, da tenersi stretti, da onorare quella maglia che ha regalato a tutti il dono dell’immortalità. Perchè vincere uno scudetto al Napoli ti colloca in posto che è per sempre. E quel posto, quel ricordo, quella gratitudine dei tifosi andava rispettata, come fosse la cosa più importante del mondo. E invece no, e invece quasi mai. Una vergogna con pochi precedenti nella storia dello sport professionistico. 

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Questa rubrica è dedicata al papà di Luisa Cannavacciuolo, grande tifoso del Napoli che è venuto a mancare ma che non smetterà mai di guardare da lassù tutti i suoi cari.


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