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L'EVOLUZIONE TATTICA DEL CALCIO: 3. Il Catenaccio e la Diagonal

di Marcello Pelillo

1932 - Il Catenaccio - (1-3-3-3) Prevede un libero, tre difensori, tre centrocampisti, tre attaccanti.

 

 Eravamo rimasti alla nascita del primo dibattito ideologico inerente la tattica tra i fautori del “Sistema” e del “Metodo”. Nel 1932 il tecnico Rappan del Servette, squadra svizzera di Ginevra, imposta la squadra ponendo una particolare attenzione alla fase difensiva. Rappan non condivide la diagonale, concetto introdotto con il “Sistema” e che evita ad un giocatore di finire in porta con un semplice dribbling quando attacca sugli esterni. La diagonale è necessaria nel momento in cui si gioca con la difesa in linea (come previsto dal “Sistema”), ma il tecnico del Servette ne ripudia l’applicazione perché considerata troppo complessa e inventa il libero. Rappan decide di eliminare la difesa in linea introducendo un uomo in più in difesa con il compito di raddoppiare la marcatura; è la nascita del Verrou (chiusura) la cui evoluzione sarà il catenaccio italiano.

 

Il catenaccio ha come presupposto un sistema di gioco con marcatura “a uomo” e prevede l’inserimento dietro ai tre terzini di un ulteriore difensore definito libero. Il ruolo del libero, che è quello di chiudere eventuali buchi difensivi dei marcatori, nasce dall’intuizione di Rappan, ma in Italia rientra in un vero e proprio sistema di gioco definito appunto Catenaccio e che risulterà l’evoluzione del Verrou. Il Catenaccio prevede l’arroccamento della squadra (ad esclusione delle punte) nella propria area di rigore in fase passiva di gioco, allo scopo di chiudere tutti gli spazi agli avversari usando le marcature a uomo e il libero in seconda battuta. La fase attiva consiste nel lanciare la palla lunga verso le punte cercando di sfruttare gli spazi lasciati dagli avversari, intenti a sbloccare il catenaccio.

Questo sistema di gioco ha caratterizzato il calcio italiano fino agli anni ’90 ed è risultato vincente anche perché ha esaltato le caratteristiche tecniche dei nostri calciatori. Nella patria dei portieri e dei difensori, non poteva esser utilizzata tattica migliore che ha prodotto cicli di vittorie, come nel caso della Grande Inter di Herrera che vinse in Italia e all’estero negli anni ’60.

Lo stesso Napoli ha utilizzato per lunghi anni questo sistema di gioco e più recentemente ricordiamo il Napoli di Mondonico che subentrò a Zeman nella stagione 2000/2001, ma non riuscì ad evitare la retrocessione in B degli azzurri. Il libero di quel Napoli era Salvatore Fresi con l'argentino Quiroga in alternativa i quali, sono stati gli ultimi calciatori azzurri ad interpretare quel ruolo. Anche il Napoli di Boskov tra il 1994 e il 1996 usava questo sistema di gioco soprattutto nelle gare in trasferta. Il catenaccio esaltò, come spesso accadeva ai portieri italiani, l’abilità del portiere Pino Tagliatatela, ribattezzato “Batman”, le cui parate, salvarono il Napoli di quegli anni dalla retrocessione in B purtroppo, solo rimandata.

Non sempre negli anni le squadre italiane di vertice utilizzavano la tattica del catenaccio puro, mentre il modulo di gioco che ne caratterizzava l’espletamento, è stato per anni l’unico visto in penisola. L’1-3-3-3, indipendentemente dall’utilizzo della tattica del catenaccio, è stato anche il modulo del Napoli di Maradona. Il Napoli Campione d’Italia del 1987, schierava in difesa Renica da libero dietro i terzini Bruscolotti, Ferrario e Volpecina con Ferrara in alternativa; il centrocampo a tre era composto da De Napoli, il regista Romano, e Bagni, in attacco Maradona libero di spaziare a sostegno delle punte Giordano e Carnevale. C'era il libero e le marcature a uomo ma assenza di lanci lunghi. Quel Napoli giocava palla a terra con Romano che raccoglieva la sfera dai difensori per innescare Maradona, il vero fulcro del gioco dal quale partivano le aperture per i bomber Carnevale e Giordano.

 

Ecco il glorioso undici azzurro della stagione 1986/1987:

 

Napoli: Garella; Bruscolotti, Volpecina, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano. All. Ottavio Bianchi  

 

1950 - La Diagonal – Prevede tre difensori in linea, quattro centrocampisti a Rombo, tre attaccanti.

 

Il catenaccio italiano trovava applicazione soprattutto dalle nostre parti, ma specie in sudamerica  (vedi prima puntata) si continuava a giocare con il “Sistema”. Nei mondiali del 1950, il tecnico del Brasile Flavio modifica il Sistema cambiando il centrocampo e creando la “diagonal”. Flavio ruotò il quadrilatero disponendo il centrocampo a Rombo. Questo permetteva ai due centrocampisti laterali del rombo di raccogliere il pallone dai terzini e portarlo in attacco, aiutando le tre punte. E’ un modulo a grande connotazione offensiva in quanto i due centrocampisti laterali del rombo, diventavano spesso delle ali a sostegno del tridente. Quel Brasile perse la finale mondiale contro il forte Uruguay di Schiaffino e Ghiggia, ma mise in vetrina un attaccante straordinario, il capocannoniere del torneo con ben nove reti Ademir.

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