La storia siete voi: il capitano della rinascita, Francesco Montervino
Quest'anno abbiamo avuto il piacere e l'onore di andare a Pechino, a giocarci una Supercoppa che gli juventini ci hanno rubato senza fare troppi complimenti e gettando fango sul calcio italiano ancora una volta.
All'aeroporto, quando la squadra campana giunse al Beijing Shoudu Jichang, c'erano tantissimi tifosi asiatici che inneggiavano ai vari Hamsik, Cavani, Cannavaro, alcuni avevano la maglia del Pocho ovviamente ma è uno che ha attirato su di se gli occhi di più di un giornalista. Sventolava una maglia col numero 4 e quando SKY si avvicinò chiedendogli delucidazioni rispose con delle semplici parole "Because he's great captain". Quella maglia era di Francesco Montervino ed io sono assolutamente d'accordo col compagno dagli occhi a mandorla.
Montervino nasce a Taranto il 7 maggio del 1978 ed è subito contraddistinto da una leadership fortissima. A 16 anni esordisce nel Fasano, in C2 e viene notato da quel Guru degli anni '90 che porta il nome di Nevio Scala. Lo vuole nel suo Parma e lo prende in prestito per la Primavera. In Emilia non convince molto e così torna per un anno nella città che gli ha dato i natali, il Taranto, squadra che gli affida i gradi di capitano a soli 19 anni.
I Dilettanti non sono la categoria che fa per lui e così viene ingaggiato l'anno dopo da un Ancona in rampa di lancio, in Serie B.
La squadra marchigiana vuole tornare nel calcio che conta ma nella prima stagione di Er Monterva i risultati non arrivano e retrocedono in C1. Restò solo un anno in terza categoria ed iniziò la sua scalata alla Serie A nell'anno dell'addio di Montervino, destinazione Napoli.
Siamo nel 2003 ed il Napoli è nel peggior momento della sua storia, con un campionato da bassa classifica in Serie B e l'alone del fallimento che volteggia sulla città come un condor. Nel 2004 passa al Catania ma il richiamo della società partenopea è troppo forte e torna in maglia azzurra nonostante il fallimento della società. Sarà l'unico, insieme a Montesanto, a non scappar via dal capoluogo campano ed a sposare il progetto di De Laurentiis. L'uomo di Los Angeles non può far altro che affidare centrocampo e fascia di capitano a Francesco Montervino.
È stato un giocatore unico, come Grava sempre bistrattato dalla piazza per le scarse doti tecniche ma, come Grava, indispensabile per grinta e duttilità tattica. Wanted, come lo chiama Auriemma, riesce a giostrare in mediana, sulle fasce, persino come terzino, perché la testa può far più di tanti delicati piedini. È uno dei principali artefici della galoppata di Reja che porta la squadra dalla C1 all'Europa League, è uno dei pochi uomini al mondo a poter dire di aver giocato in C1, in B, in A ed in Europa con la stessa maglia, con quella fascia da capitano.
Nella massima serie col Napoli giocherà pochissimo ma si toglierà la soddisfazione di segnare un goal e di fare un Assist splendido a Garics in una memorabile partita al San Paolo che permetterà alla Fiorentina di andare in Champions proprio a discapito del club di Berlusconi. In quella partita segnò un goal clamoroso Hamsik facendo un coast to coast in stile Weah. Indimenticabile.
Montervino resterà per sempre scolpito nei nostri cuori come emblema di serietà e professionismo. Oggi è il capitano della Salernitana ma nonostante tutto nessuno riesce a dire brutte cose al nostro ex capitano, nonostante sia l'emblema di uno dei nostri più grandi rivali calcistici.
Ciò che Montervino ha lasciato a Napoli è proprio simboleggiato in quella maglia sventolata a Pechino. Chi ama non dimentica "Because he's great captain".
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