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Profilo basso

di Marcello Mastice

E' andata bene. E non solo per la tradizione negativa che accompagnava le riprese del campionato dopo le abbuffate natalizie. E nemmeno per il penalty che Hamsik spedisce tra le braccia di Bizzarri, che ha reso tutto più complicato proprio quando poteva diventare tutto più semplice. Ma anche perchè l'ex Uomo Ragno ha messo su un Catania rognoso ed orgoglioso, corto tra i reparti ed attento a tenere sotto controllo i personaggi pericolosi dell'attacco azzurro. Il Napoli ha faticato a trovare gli spazi giusti per mettere seriamente in difficoltà la squadra di Zenga e le precarie condizioni fisiche di Lavezzi non potevano non condizionarne la capacità offensiva. Almeno fino a quando Lavezzi stesso ha ritrovato la lucidità dei momenti migliori, quel tanto che bastava per scaricare sui piedi di Maggio il match point. La dipendenza dalle soluzioni dell'argentino resta il limite attuale di questo Napoli: la manovra non produce valide alternative alle iniziative spesso eccessivamente testarde di Lavezzi, nè tantomeno gli esterni riescono a proporre palloni da incrociare con le capacità aeree di Denis, quest'ultimo troppo spesso incastrato in uno sporco lavoro di gomito in area nemica. E se il fattore San Paolo continua a fare la differenza, lontano da casa il Napoli continua a raccogliere poco, troppo poco per concrete velleità da Champions. Intanto il mercato di gennaio sembra non far presagire colpi ad effetto, Marino non lascia tracce del suo cammino ed il Presidente predica le solite filosofie prospettiche, mentre Reja sembra già più realisticamente legato al rapporto qualità-prezzo: "Per inserire un giocatore ora devi prendere solo un campione. Ma i campioni costano...". Come dargli torto? Forse. Magari per non turbare gli equilibri di spogliatoio. Non fosse per il quarto posto che è stato riacciuffato - causa passi falsi delle dirette concorrenti - e la irresistibile tentazione di restarci, che parte dal salotto della Carrà ed arriva fino a quello del più scettico dei tifosi. Ma forse è davvero il caso di tornare parlare "solo" di Uefa, di ridimensionare le aspettative dell'ambiente tutto, di mantere un profilo basso. Meno affascinante, certo, ma di sicuro meglio delle promesse non mantenute.

 


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