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Semifinalista in EL e in Coppa Italia, 4° in campionato, Supercoppa italiana vinta. Ma il bicchiere del Napoli è mezzo vuoto

di Vincenzo Perrella

Diciamo che un po’ c’era da aspettarselo. Anche De Laurentiis (assente a Kiev) se n'era accorto. Avevamo tutti cantato vittoria, quando dall’urna di Nyon era sortito il nome del Dnipro come contendente del Napoli della finale di Varsavia. Ma il Napoli dell’era De Laurentiis ha spesso fallito le partite decisive, tanto in campionato quanto in Europa League, in Champions e pure in Coppa Italia. Dall’eliminazione col Benfica che negò al Napoli l’Europa League nel 2008 a quella col Villarreal ai sedicesimi di finale della stessa competizione 2010-2011, per non parlare poi dell’eliminazione col Chelsea nella Champions 2012 che estromise il Napoli dai possibili quarti di finale, senza tralasciare il 3-3 in casa con la prima Juve di Conte (dopo esser stati sul 3-1) nel 2011 per poi perdere al ritorno 3-0 a Torino. Stesso copione l’anno succesivo, col Napoli che arriva secondo, ma che dopo 19 punti in 7 giornate perde con la Juve a Torino e da lì resta dietro ai bianconeri fino a fine campionto. Nel 2013-2014 analoga siuazione accade con la Roma, sempre all’8° giornata. E potremmo andare ancora avanti spulciando altre partite, altre situazioni, altri contenuti. Ma già quanto detto esplica che questa squadra è e rimarrà un’eterna incompiuta.

Mancano giocatori dalla personalità spiccata. O se ce l’hanno, la perdono a Napoli. E anche gli allenatori. Reja, Donadoni, Mazzarri e lo stesso Benitez. E’ come se a Napoli si perdesse la prpria identità, un po’ sedotti e un po’ soggiogati da De Laurentiis, che a furia di predicare crescita con calma, a furia di dire che pretendere di vincere il campionato è da cafoni, a furia di chiedere solo la qualificazione alla Champions League, è come quel padre che chiede al proprio figlio di non diventare mai grande ed ambizioso. E il figlio si adegua.

A Kiev, però, è andato in onda un altro film che quest’anno si è già visto in orbita Napoli, nelle varie competizioni che ha giocato: l’errore arbitrale (anzi, del guardalinee). Se all’andata il signor Haglund aveva aperto la strada all’1-1 di Seleznyov in fuorigioco, al ritorno il signor Djurdjevic ha fermato Higuain tutto solo davanti al suo incubo Boyko, ma la sagnalazione è stata improvvida, quanto frettolosa ed errata. E i risulati si sono visti. Ma attenzione, che questo non diventi un alibi di ferro per gli azzurri. Essi non ne hanno.

Ora resta solo da inseguire quel terzo o secondo posto in campionato che significherebbe prossima Champions e cancellerebbe quella sensazione di bicchiere mezzo vuoto, di una stagione cominciata male (con l’eliminazione ai playoff Champions col Bilbao), che si è parzialmente raddrizzata con la vittoria della Supercoppa italiana a spese della Juve e con la rimonta in campionato (dopo un inizio shock), mentre ha visto gli azzurri scippata la finale di Coppa Italia da una Lazio corsara al San Paolo, fino all’epilogo doloroso di Kiev.

Ed infine resta da dipanare la situazione Benitez, ora voglioso di lasciare il braciere ardente Napoli per approdare magari su un letto di nuvole come Madrid o Manchester (United o City). Troppo facile scappare ora. E vale anche per i calciatori (Higuain e Callejon su tutti). Chi non si guadagna la Champions, non è giusto che la giochi. E’ una lezione di vita. Almeno speriamo che la imparino. Per il bene del Napoli.


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