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Non c'era più posto per Mertens: sarebbe stato di troppo nell'estate della rifondazione

di Fabio Tarantino

Non c’era più posto per Dries Mertens nel Napoli che aveva in mente De Laurentiis. Sarebbe rimasto l’unico superstite della rifondazione, avrebbe avuto peso forse eccessivo all’interno dello spogliatoio, quasi un intruso nel nuovo progetto che comprende - con la riduzione degli stipendi - l’ingaggio di nuovi talenti, giovani da valorizzare come Kim, Kvara e forse Raspadori. È questo il vero motivo per cui Mertens non ha rinnovato. Il resto, le dichiarazioni, le supposizioni, le frecciatine e gli attacchi, fanno parte di un equivoco mediatico che poteva essere risolto facendo scorta di chiarezza sin dall’inizio.

NON COME TOTTI
Il belga saluta da protagonista, 30 gare di campionato, 37 complessive, 13 gol, secondo miglior marcatore dietro Osimhen (18). Non ha affrontato gli ultimi mesi come Totti alla Roma, è più giovane e ancora integro, non ha vissuto di rendita per il passato, nulla gli era dovuto, ha meritato sul campo di essere protagonista e di giocare comunque abbastanza nonostante il rimpianto - secondo i tifosi - di qualche panchina di troppo. Il Napoli ha pianificato il futuro e ha scelto questa estate come quella della rivoluzione silenziosa. Ha digerito nel tempo, ammortizzandoli, gli addii di Ospina, Ghoulam, Insigne (da gennaio ufficiale al Toronto) e Koulibaly, ha lasciato una porticina aperta per Mertens - agli occhi della piazza - pur avendo già fatto una scelta.

RIPARTIRE
Come per Insigne - non è andato via solo per soldi, aveva capito che la società aveva altre idee e voleva ringiovanire la rosa - anche Mertens, secondo De Laurentiis, ha rifiutato la sua proposta (2,4 milioni per un anno), ma la trattativa per il rinnovo non è mai stata solo economica. Mertens sa di avere ancora futuro, fosse rimasto avrebbe segnato ancora tanto giocando comunque poco, per questo ha vissuto non sempre sereno le tante panchine e le scelte di Spalletti. A fine maggio, senza citarlo, ma parlando di lui, De Laurentiis disse: “Ci sono giocatori che diventano condizionanti se non giocano”. Una scelta rischiosa, il Napoli lo sa, ma a quanto pare necessaria per pianificare il futuro.

CON RASPADORI
Si dirà: perché ha giocato quattro delle ultime cinque da titolare nel finale di campionato? Mai aveva avuto una continuità simile, forse è stata riconoscenza o l’inizio di una nuova era tattica (le due punte vicine in verticale) immaginando già Raspadori al suo posto. Che per Spalletti è “soprattutto educato” quasi a voler rafforzare il concetto di puntare su un nuovo gruppo di giocatori - puro, inedito, tutto da scoprire - che hanno voglia di emergere senza figure ingombranti legate ad un passato magico ma orfano di trofei eterni. D’altronde un imprenditore che saluta un 35enne per un 22enne fa i suoi interessi e adotta una strategia coerente con l’esigenza di resistere nel tempo. Ma è mancata la chiarezza con l’uomo più rappresentativo (con Hamsik) degli ultimi venti anni. Per questo ancora oggi ci si domanda, ed è lecito nutrire dubbi: perché Mertens se n’è andato?


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