Da Zero a Dieci: le infamie di Chiellini con le TV complici, la ridicola festa in una piazza vuota, il video della vergogna di Benatia ed un Sarri da orgasmo umilia i falsi

(di Arturo Minervini) - Zero alle capre che insultano Napoli, infangando storia e bellezza, anima e cuore di una città che ha quella dignità del genio e della fatica che si mescolano. Zero ad un calcio incapace di tappare la bocca a questi idioti, un calcio gestito da ottusi che fanno finta di avere le orecchie tappate. Nessuna di quelle bestie presente al Ferraris ha l’autorità per offendere un napoletano, servirebbe ben altro spessore per lasciare qualche cicatrice. Cantando quella roba si offendono da soli, si qualificano al mondo come essere involuti, come ennesimo grande fallimento della teoria di Darwin. Più inadeguati a vivere in questo mondo che le giraffe col collo corto…
Zero bis per Pinsoglio. Perché ci ha fatto perdere qualche secondo per cercarlo su Wikipedia. Senza trovare niente di interessante che lo riguardasse.
Uno l’episodio che riassume il fallimento (doloso) arbitrale della stagione: un fatto di immediata comprensione per il mondo intero, diventa oscuro per chi deve decidere. La rete annullata a Mertens certifica come il Var sia stato piegato, schiacciato, mortificato da una pressione esterna e che lo ha svilito di ogni utilità. L’aggravante del mezzo tecnologico, che ha funzionato fino a quando qualcuno ha voluto che funzionasse, rende questo campionato oscuro come il Cavaliere raccontato da Christopher Nolan. Ci vorrebbe davvero un Supereroe con la maschera a smascherare questo sistema che si rinnova per lasciare sempre tutto uguale, proprio come le cellule maligne nel sangue.
Due bambini delle elementari avrebbero trovato un modo più intelligente per festeggiare. Il video di Benatia e Matuidi è vergognoso, quasi violento, senza dubbio di pessimo gusto. Incarna a pieno il nuovo stile Juve, l’imbarazzante pochezza mostrata in giro per l’Europa ed in mondovisione dal simbolo Buffon e da tutti gli altri nella notte di Madrid. Ridicoli nelle sconfitte ed ancor più nelle vittorie. Patetici ed istigatori, incapaci di godersi un successo festeggiando con la propria gente perchè, la propria gente, dovrebbero andarla a cercare citofono per citofono come i Testimoni di Geova. Erano impegnati a festeggiare in salotto, facendo attenzione a non fare rumore.
Tre punti in trasferta: è accaduto quattordici volte nelle diciannove gare disputate (con quattro pareggi ed una sola sconfitta). Difficile ricordare un Napoli così dominante su ogni terreno, spavaldo e rinfrancato nelle proprie certezze. Quando parte il flipper che sembra di essere in un film anni 80, con i jeans chiari e la colonna sonora dei Duran Duran nelle orecchie. Quel pallone che si muove cercando sempre un senso, quelle pedine che in maniera armonica si muovono sulla scacchiera come se a muoverle fosse un’intelligenza superiore. È una partita a scacchi giocata ad un livello celestiale, un trionfo della meticolosità che si fa bellezza stupefacente. Il Sarrismo ‘On the road’ è un disco da incidere sulla pelle, un’iniezione di adrenalina che rende bello raggiante anche un nuvoloso lunedì mattina.
Quattro al bullo da bar Giorgino. Si presenta davanti ai microfoni come uno scolaretto spocchioso, ha le vene gonfie sul collo ed una frustrazione che da troppo tempo covava silente. Ha il coraggio e l’indecenza di nominare le parole ‘Arbitri’ e ‘Var’, come se una pornostar annoverasse tra le sue più grandi qualità la morigeratezza dei costumi e la monogamia. Giorgino dice che qualcuno dovrebbe stare zitto e la cosa più scandalosa è che a restare zitti sono i giornalisti che assecondano il suo delirio. Qualcuno con le palle avrebbe potuto ricordargli come si è arrivati a questo scudetto, ma avrebbe rischiato di perdere la poltrona. E in Italia, si sa, la Poltrona è più sacra della Mamma.
Cinque al teorema degli impostori. A quelli che ‘Se il Napoli avesse vinto a Firenze o col Torino”. Disonesti, in malafede, corrotti. Il Napoli poteva anche perdere 17-0 a Firenze, questo non legittima decisioni scandalose nella galleria dell’orrore del girone di ritorno. Non è come dite. Non è come dite. Non è come dite. Provate a convincere qualche stupido, ma ogni persona sensata si renderà conto che è solo un tentativo di truffa psicologica. Gli scempi di Cagliari, Firenze, Roma, Milano sono su un piano differente da quello sportivo. Sono il marcio che vince, il potere che si conferma, la sopraffazione che viene permessa. “Gli imbroglioni hanno sempre saputo... che il loro mestiere non è quello di convincere gli scettici, ma di permettere ai creduloni di continuare a credere quello che vogliono credere".
Sei di compassione agli attaccanti della Sampdoria. Provare solo a sfidare Koulibaly è impresa che mette a rischio l’autostima, con Kalidou a tratti opprimente come un laccio emostatico piazzato sulle vene dei suoi rivali. È una statua di ebano che emana un’aurea superiore, straripante nella fisicità e nel potenziale. È come vedere un gigante giocare in mezzo ai nani, deve fare attenzione a non calpestarli e lasciare danni permanenti sui malcapitati doriani. La proposta per l’estate è la seguente: prendere Koulibaly, rinchiuderlo in un congelatore, fingere che sia sparito e tirarlo fuori alla prima giornata del prossimo campionato. Perdere uno così, sarebbe una perdita difficile da quantificare.
Sette di fila con una festa senza grande gioia. Solo rancore, rivalsa, arroganza per chi è abituato al sopruso e non riesce ad analizzare in maniera lucida un campionato più macchiato di una tela di un macchiaiolo. C’è la desolazione a Piazza San Carlo a Torino, una storia di isolamento che nemmeno Silvio Pellico ne 'Le mie prigioni'. Perché alla fine vincere così non ti fa nemmeno venire voglia (ai pochi residenti in Piemonte) di andare a festeggiare. Non lo ammetteranno mai, perché questo impone lo stile Juve. Lo stesso stile che porta Marotta a festeggiare indicando il numero 36 sullo scudetto, ignorando Calciopoli e Sentenze già emesse. È una festa senza sorrisi, quella di chi quando poggia la testa sul cuscino deve fare i conti con la propria coscienza.
Otto reti in campionato per Insigne, davvero poche. Anche a Genova spara addosso a Belec da pochi metri, ancora vittima di quel maledetto incantesimo che lo ha avvolto dalla trasferta di San Siro in poi. Dalla gara del San Paolo con la Samp, in pratica un girone e dunque diciannove partite, per Lorenzo la miseria di tre reti ed una lunga serie di errori banalissimi sotto porta. Servirebbe fare su questo autocritica e cercare di lavorare perché le ambizioni del Napoli non possono prescindere da un Insigne sui livelli realizzativi dello scorso anno.
Nove a quell’agglomerato di talento col numero 99. A Genova esegue “Il pugno del pentimento di Hokuto” colpo segreto alla KenShiro con tre tocchi, tutti di sinistro, per mandare al tappeto la Samp. Controlla, aggiusta, spara: il pallone si infila all’incrocio, il nemico si accascia al suolo, la curva razzista vede esplodere il cuore in mille pezzi. Una corazzata in un solo giocatore, quel bomber da 20 reti che tutti stanno cercando dopo le parole di De Laurentiis. Arek Milik è presente e futuro, è grazia e violenza, è tecnica e tirannia tutta mescolata in quei 186 centimetri che hanno già pagato un prezzo troppo alto alla cattiva sorte. La rinascita è suggellata in maniera definitiva sotto acqua battente, una catarsi completata e pronta ora all’atto secondo: la grande rivincita. Pare siano già attivi centri di recupero dalla dipendenza di chi ha visto il suo gol in loop tutta la notte: ma che meraviglia ha fatto Arek?
Dieci ad un Maurizio Sarri da orgasmo multiplo nelle interviste post-Genova. Vere e proprie pulsazioni fisiche nascono mentre, con spaventosa lucidità, spiega che questo scudetto al Napoli è stato tolto mentre si trovava in albergo, una sorta di rapina a domicilio. Attacca la Lega, sottolinea più il potere della Juve che il merito di una squadra che dice ‘di non aver visto giocare tante volte’. Un affresco di ironia e sagacia, una voce fuori dal coro in mezzo a questi scolaretti con le camicie stirate da mammina e la vocazione per il politicamente corretto (per finta). Eccezionale nella sua normalità, normale nella sua eccezionalità: l’esperienza incredibile di un triennio destinato a restare nella storia sta in questo meraviglioso paradosso, ossimoro vivente che rende l’avventura indimenticabile. Sarri è nudo ed in tuta, scorretto ed incredibilmente etico, scanzonato ma assolutamente maniacale nel lavoro. Non è quello che sembra ed è invece tutto quello che vuole sembrare: un uomo che ama il calcio, che ama lo sport, che ama Napoli. Un uomo che questo calcio non si merita, il regalo più bello che i tifosi del Napoli potessero mai ricevere. Comunque vada, dovunque vada, ci sarà sempre un filo invisibile a raccontare di un legame ormai eterno. “Ci eravamo incontrati per caso ed avevamo scelto, a caso, di non stare mai vicini quanto avremmo voluto ma nemmeno troppo lontani per ritrovarci”.
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