Da Zero a Dieci: il ribelle Koulibaly, le grasse risate per i 5 mln ad Insigne, la frase che distrugge Gabbia ed i soldi risparmiati da ADL

22.08.2016 11:08 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: il ribelle Koulibaly, le grasse risate per i 5 mln ad Insigne, la frase che distrugge Gabbia ed i soldi risparmiati da ADL
TuttoNapoli.net
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Zero facce nuove nell’undici titolare, nonostante la pioggia di milioni che ha fertilizzato le casse societarie in estate. Questa è la prima considerazione da fare sbirciando la formazione iniziale della sfida al Pescara. Possibile che il mercato non offrisse NESSUNO che potesse aumentare il livello tecnico di una squadra che aveva fatto così bene ed orfana del suo uomo (per distacco) migliore? Allora qualche interrogativo bisogna porselo. Crescere significa anche rischiare, sperimentare, investire. Come quando guardi il guardaroba, è soddisfacente, ma vai comunque a fare shopping dopo che ti hanno accreditato lo stipendio. Non si presenzia ad una cerimonia d’apertura con lo stesso abito. 

Uno come i punti in più rispetto allo scorso anno dopo la prima di campionato. Nell’esaltazione dell’ottimismo si può vedere il pari in terra abruzzese anche da questa prospettiva. Sembrerà provocazione, invece è un puro dato statistico. Ai numeri si aggiunga una considerazione che in molti stanno sottovalutando: i pesanti carichi di lavoro imposti da Sarri a Dimaro. Ci può essere del buono anche in un pareggio sul campo di una neopromossa. Come recita un antico adagio Zen: “Comincia adesso, da dove sei. Usa quello che hai. Fai al meglio quello che puoi. Che altra filosofia di vita ti serve?”. Come a dire: meglio che iniziare da un pareggio che da una sconfitta. No?

Due reti subite sono il dato che preoccupa maggiormente. Male la linea di Sarri, più disordinata e ribelle del ciuffo di Elvis Presley dopo un concerto. Koulibaly il più indisciplinato e svagato, come un capello che non vuole stare al posto giusto. Non ha ricci Kalidou, ma di capricci pare averne fatti già abbastanza. Se testa e cuore non sono collegati, si rischiano di fare brutte figure. Se la testa è collegata solo al conto in banca, parlare di cuore risulta quanto meno offensivo. Che si fa?

Tre uomini ed una gamba. Magari fosse un film comico, purtroppo è accaduto a Pescara. I tre uomini sono Giacomelli, Rocchi e Zielinski. La gamba, che si pianta nel petto del centrocampista del Napoli, è quella di Zuparic e non è certo un’opera d’arte come quella del Garpez. La scenetta messa in piedi da arbitro ed assistente fa però più ridere dell’originale girato da Aldo, Giovanni e Giacomo. Napoli ha la calamità per queste novità assolute, queste prime visioni dell’orrore. É proprio vero: succede solo (contro) il Napoli. 

Quattro alla prova Valdifiori. Con ancora le mirabolanti imprese a Rio di Bolt negli occhi, fa strano appurare che al mondo possano esistere contemporaneamente Usain e Mirko. L’alfa e l’omega della velocità. Il ghepardo a dare spettacolo a Rio, il bradipo a mandare nelle sabbie mobili le azioni offensive del Napoli. C’è un tempo per tutto. Per fare dichiarazioni altisonanti, per rivendicare una maglia da titolare, per provare a convincere il mondo che quest’anno sarà diverso da quello precedente. Poi arriva il momento di fare i fatti. E lì inizia il vero disastro. Ammettere di aver sbagliato è il primo passo per evitare di sbagliare ancora. C’è ancora tempo per dirsi addio. Senza rancore. 

Cinque milioni di euro di stipendio richiesti. Grassa risata. Pausa di riflessione. Grassissima risata. Pausa di riflessione. Grassissimissima risata. Un ispirato, e compianto, Paolo Borsellino avrebbe sentenziato: “A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l'esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato”. Dai Lorenzo. Dai. 

Sei ai primi bagliori azzurri di Milik. Sarà uno dei tormenti della stagione: il polacco vale i 32 milioni spesi per acquistarlo. Lo scopriremo solo vivendo, ma approcciarsi ad una gara che si era messa più in saluta di una rampa del Pordoi è sintomo di grande lucidità e consapevolezza. Arek ha spalle larghe, un bel sinistro e tanta voglia di rendersi utile per i compagni. Le prime volte sono un concetto filosoficamente interessante, magnetico. Le prime volte sono il viatico per ogni grande storia. La prima volta in azzurro di Milik è da catalogare nell’archivio storico in maniera positiva. Nessuno si esalti, sia chiaro. Ma non si deprima nemmeno. 

Sette al carattere di Zielinski. Se qualcuno, ma di calcio doveva capirci davvero poco, avesse mai sottovalutato l’acquisto del centrocampista si sarà probabilmente già ricreduto. Come un figlio della generazione Steve Jobs arriva folle ed affamato su ogni pallone. Corsa e tecnica e quella cattiveria che per Salvatore Conte appartiene solo ai russi, ma vabbè sempre di uno che viene dall’est si tratta. Basta poco per innamorarsi di un calciatore e Piotr sembra avere tutte le caratteristiche per far scagliare a Cupido la sua freccia come in un fil smielato degli anni ’90, anche se la faccia del ragazzo ricorda più quella di un androide per la glacialità. Programmato per giocare a calcio.

Otto minuti della ripresa per poi finire in panchina. Provateci voi a giocare addosso con una carogna da 90 milioni (ed attualmente anche da 90 chili, ma i gol li farà lo stesso, non illudetevi). Provateci voi a giocare sapendo che in ogni angolo del mondo vestito d’azzurro, ci sarà qualcuno che esclamerà Ahhh se ci fosse stato Gonzalo su quel pallone!”. Una pressione che rischia di stritolarti come una morsa costruita da Saw l’Enigmista. Manolo cade nella trappola come il più inesperto degli esploratori, Sarri non lo aiuta con un cambio che sa di bocciatura. Allora che facciamo? Ci fidiamo di Gabbiadini? Allora gli si dia fiducia. In caso contrario si prenda una decisione il prima possibile, altrimenti si rischia di farsi del male a vicenda. 

Nove lo sapete già. In questo momento è una maglia non assegnata. É un vuoto che fa male. É un rumore che riecheggia nel cervello, come una moneta lanciata in un pozzo ormai abbandonato. Non c’è più acqua in quel fondale. Non c’è più Gonzalo ad indossare quel numero. Bisogna abituarsi all’idea, legare la cassaforte della memoria ad un sasso e lanciarla in fondo al mare come un qualcosa di perduto, da affidare alla corrente. Fa strano raccontare questo numero senza il Pipita, fa ancora più strano pensare che di fatto non sia arrivato uno che possa essere considerato, o almeno provare ad esserlo, un sostituto. Una scelta di cui Aurelio De Laurentiis si assume ed assumerà tutte le responsabilità del caso. Nessuno lo può dire. Ma quanto ci manca… (questo posto si autodistruggerà dopo la lettura).

Dieci ad uno scugnizzo vero, nato per errore in Belgio così come Napoli si trova per sbaglio in Italia. Dries ha l’istinto puro di Partenope, la grinta negli occhi di chi non vuole arrendersi. In quattro minuti insacca due volte il pallone e regala uno sguardo glaciale a Sarri come a ricordargli che qualche volta una maglia da titolare non gli dispiacerebbe. A volte si perde nella sua bellezza, proprio come quella Napoli che tanto gli piace. Filosofeggia di estetica e si lascia distrarre dal suo enorme potenziale, ma quando lo mette a completa disposizione della squadra diventa devastante. Ora gli occorre fiducia. Ed un posto in campo dal primo minuto. Non smettere adesso Dries. "A Napoli ognuno vive in una inebriata dimenticanza di sé. Accade lo stesso anche per me. Mi riconosco appena e mi sembra di essere del tutto un altro uomo. Ieri pensavo: “O eri folle prima, o lo sei adesso”.