Basta con la caz**ata delle cose di campo: se Acerbi ha detto 'Negro' se ne deve parlare fino allo sfinimento

Le cose di campo. La più grande stronzata sentita in questi giorni sulla questione Acerbi-Juan Jesus è quella delle ‘cose di campo’
21.03.2024 17:40 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Basta con la caz**ata delle cose di campo: se Acerbi ha detto 'Negro' se ne deve parlare fino allo sfinimento

Le cose di campo. La più grande stronzata sentita in questi giorni sulla questione Acerbi-Juan Jesus è quella delle ‘cose di campo’. Quando il campo, il calcio, la stupida retorica da caserma non c’entrano nulla. L’unica cosa da comprendere è una ed una soltanto: se Acerbi ha pronunciato quella frase, denunciata con vigore in campo da Juan Jesus e poi ribadita dal brasiliano su Instagram dopo il tentativo, goffo, dell’interista di pulirsi la coscienza.

“Non sono razzista”. Però… L’avrete sentita così tante volte questa frase. Ed a quel però, solitamente, segue un’etnia che secondo il razzistello di turno rappresenterebbe una sorta di eccezione, nel suo ‘non essere razzista’.

Il razzismo è una cosa seria. E con le cose serie, servono posizioni forti, decise, nette, perentorie. Dispiace, in tal senso, registrare le parole qualunquiste di Luciano Spalletti, che veste i panni del cerchiobottista e vuole dare a tutti l’assunzione e mandare via tutti che la messa è finita: “Conosco Juan Jesus e Acerbi, sono due bravi ragazzi. Se ne parla più di quanto sia successo”,

Ma cosa ne sa Spalletti di quello che è accaduto? Quindi per Spalletti, visto che gli elementi a disposizione sono questi, il fatto che uno dica NEGRO ad un altro per offenderlo non merita una discussione, ed una sanzione, molto aspra? 

I bravi ragazzi. Anche questa l’avete sentita tante volte. Quella dei ‘bravi ragazzi’, che tutti i vicini sono pronti a giurarlo, che non avrebbe fatto male ad una mosca. Che ogni rivolgeva pure la parola a qualche ambulante di colore, ma che bravi ragazzi!

Tutta questa retorica, perché in fondo prevale sempre l’istinto di sopravvivenza. Del sistema, degli interessi personali. E allora tutti giù, a cercare di archiviare il caso come un malinteso. Come la ridicola costruzione del ‘Ti faccio nero’, roba che nemmeno in un film di Massimo Boldi.