Guido Clemente di San Luca a TN: " Fra Spalletti ed ADL non è questione giuridico-formale"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni sulla vicenda De Laurentiis-Spalletti.
25.05.2023 12:20 di  Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN: " Fra Spalletti ed ADL non è questione giuridico-formale"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni sulla vicenda De Laurentiis-Spalletti.

"Qualche riflessione sulle dolenti note che stanno rovinando la nostra gioia. Fra Spalletti ed ADL non è questione giuridico-formale. I contratti disciplinano le relazioni intersoggettive, regolando anche le conseguenze di eventuali inadempienze. Spalletti ha sottoscritto un contratto, nel quale – a quanto se ne sa – sarebbe prevista l’opzione per un altro anno in favore del Napoli, opzione che il Presidente avrebbe esercitato mediante la ormai famosa PEC.

Cosa preveda esattamente quella clausola non è dato sapere. Tuttavia, se è una ovvietà che un contratto valga, non solo per una, ma per tutte le parti che lo sottoscrivono. Lo è altrettanto che il suo rispetto non impedisce affatto di rinunciarvi, evidentemente dovendosi sopportare le conseguenze giuridiche della rinuncia stabilite dal contratto. Dunque, se «il giocattolo» si rompe, la causa è da rinvenirsi altrove. Certamente non nel mancato rispetto del contratto, giacché questo si ha anche nel caso una delle parti vi rinunci.

Dall’esterno, a me pare che la ragione vera sia la sostanziale incompatibilità umana fra Mister e Presidente. Spalletti sembra non avere altre offerte. Né avrebbe fatto questione di denaro per le sue prestazioni (e vivaddio, ogni tanto ci s’imbatte in qualcuno che non lo mette in cima alla scala dei valori: anche se – va rimarcato – si parla comunque di cifre inaccettabili per la morale delle persone comuni, almeno non si tira in ballo la insopportabile e deprecabile questione della professionalità). Mostra di aver in breve maturato – perfettamente ricambiato – uno smisurato amore per la città e la sua gente. E dichiara di avere una fiducia assoluta nella rosa e nella capacità (facilmente riconoscibile da chiunque) che questa avrebbe di aprire un ciclo vincente.

E allora? La sensazione – diversa da quella palesata dalla stragrande maggioranza dei commentatori – è che Spalletti sia persona dal tratto valoriale non scalfibile in alcun modo. Strenuamente. Talora fino a valicare l’argine e sfociare nella permalosità. La sua scelta potrà, nel merito, essere condivisa o meno, ma sembra proprio questa: considera non più sopportabile il rapporto col Presidente (non è certo il primo, né l’unico). E, per essere coerente con i suoi principi, è pronto a perdere per un anno (come da contratto) sia il compenso, sia la possibilità di allenare. Bisognerebbe chiedersi, quindi, perché abbia maturato un così elevato livello di insofferenza per l’interlocutore. Tale da sentire che nemmeno l’amore sconfinato dei suoi giocatori e del popolo azzurro sia in grado di compensarlo. E non è dato saperlo, essendo doveroso arrestarsi dinanzi a stati d’animo e qualità psicologiche dei protagonisti. Sui quali la valutazione non può che risolversi in pure supposizioni.

In ogni caso, è dura esser stretti fra narcisistica vanità ed orgoglio supersuscettibile. È proprio vero, «siamo una città di pazzi». Ancora una volta, la nostra ‘strutturale’ identità non si smentisce. Facendosi così definitivamente giustizia delle infondate, fantasiose ed ingannevoli prospettazioni di un «modello imprenditoriale» da esportare (che si svela pura illusione) e di una riconoscibile «programmazione» che sia altro da un mero elenco di desideri (il quale, se soltanto tale, può tranquillamente rimanere ‘libro dei sogni’). Restiamo dipendenti in toto dall’intuito e dalla sagace scaltrezza di un uomo solo. Nel più fedele solco della tradizione.

Non mi appassiona, pertanto, il toto-futuro (allenatore/direttore/giocatori), perché, sanamente, devo limitarmi a registrare (impotente, come chiunque altro) la mancanza di una chiara programmazione che sia qualcosa di più di una semplice dichiarazione di, pur nobili, intenti (vincere la Champions, rivincere lo scudetto, ecc.). L’unica ‘visione strategica’, insomma, è quella (individuale, del tutto imprevedibile) di ADL. Impresario bravissimo nel generare lucro (legittimo) sulla passione altrui. E – sia chiaro – fintanto che ciò coincide col vincere, va, più che bene, benissimo.

Il «nessuno spazio per la considerazione del profilo umano» funziona se alla fine si riesce ad alimentare il sentimento che assorbe tutti gli altri, la vittoria. Ma se poi non si vince – stiamo attenti – si rischia che resti il niente. Per ciò, almeno ancora per un poco, proviamo soltanto a goderci la vittoria, nonostante stiano facendo di tutto per avvelenarcela.

«Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo nooooi».