Guido Clemente di San Luca a TN: "Sul Var una battaglia di civiltà"

09.01.2024 18:10 di  Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Guido Clemente di San Luca a TN: "Sul Var una battaglia di civiltà"

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni per Tuttonapoli sulle polemiche arbitrali.

Da tifoso azzurro sono angustiato, costernato, affranto, desolato e demoralizzato. Perciò mi taccio, non riuscendo a trovare argomenti per spiegare l’accaduto. Anzi, giudico disdicevoli le diffuse giaculatorie contro il tecnico o i giocatori. Lo sconforto e lo sgomento si aggravano di molto osservando attonito il sistematico uso illegittimo del potere di arbitri e VAR. Nelle due o tre chat cui partecipo, mi sono state rivolte osservazioni del tipo: «Va bene così, è sempre meglio che non vinca la Juve!». Oppure: «Meglio per noi se la Roma ha perso!». E così via.

Da sempre, nell’insegnamento, ho adoperato il calcio quale efficace metafora per spiegare il Diritto Amministrativo. Ho preso a fare l’operazione inversa a partire da giugno 2018: studiare le regole del gioco (che sono norme giuridiche) secondo la tecnica interpretativa del Diritto Amministrativo, provando a chiarire (evidentemente invano) che, sì sono appassionato di calcio e malat’ d’’o Napule, ma questa rimane soltanto la causa del mio interesse per il tema, perché invece da essa prescinde del tutto lo scopo perseguito: battersi per liberare la bellezza della competizione dagli estesi e generalizzati sospetti di iniquità. Un virus che sta conducendo la passione ad esaurirsi. Su due casi dell’ultima giornata occorre ragionare molto attentamente: Inter-Verona e Sassuolo-Fiorentina.

1) Inter-Verona. Il gol della vittoria dei nerazzurri è inopinabilmente (senza discussioni plausibili) illegittimo. Segnato e validato, cioè, in obiettiva violazione delle regole. Tant’è che l’AIA ha già annunciato che arbitro (Fabbri) e VAR (Nasca) saranno sanzionati. Lo hanno affermato persino i commentatori tecnici. Nessuno escluso. Tutti però ripetono che si sia trattato di un errore (ad eccezione del DS scaligero, nei cui confronti la Procura FIGC ha aperto un’inchiesta).

È necessario soffermarsi sul punto. In che senso si adopera la locuzione ‘errore’? A cosa si fa riferimento quando si richiama l’antica massima «errare humanum est»? Certamente ad una fisiologica condizione della natura umana, considerando la quale è consentito mitigare una colpa (derivante dalla commissione di un errore, appunto). A patto che l’errare non sia frequente (e dunque non si ripeta: «perseverare autem diabolicum»), e, soprattutto, non sia intenzionale.

Sintetica digressione giuridica. Nel diritto civile, affinché possa ritenersi sussistente un errore scusabile – e quindi intendersi quale attenuazione della responsabilità –, occorre che «l’autore di un negozio» venga determinato a commetterlo da «un erroneo giudizio circa la concreta situazione di fatto» (Enc. Treccani), oppure (ove si tratti di errore di diritto) dalla ignoranza o falsa conoscenza della norma (ma questo rileva soltanto se «sia stato ragione unica o principale del contratto», art. 1429 c.c.). Ciò che invece, nel diritto penale e amministrativo, per principio generale («ignorantia legis non excusat»), di regola (tranne che nelle ipotesi di assoluta oscurità del testo legislativo, oppure in presenza di orientamenti giurisprudenziali gravemente caotici) non scusa. Non sono scusabili, invece, gli errori intenzionali, che consistono nelle deliberate violazioni di una disposizione normativa. Un errore è giustificabile soltanto laddove non sia cagionato da colpa (ricorrente quando si operi senza la diligenza del buon padre di famiglia, art. 1176 c.c.) grave (corrispondente a un errore grossolano, imperdonabile) – e non lieve (corrispondente invece ad uno sbaglio minimo, in qualche modo accettabile, sebbene costituisca comunque fonte di responsabilità) –, o da dolo (che consiste nel discostarsi scientemente dalla diligenza richiesta per attendere ad un determinato compito) del soggetto caduto in errore.

La breve digressione era necessaria allo scopo di calare questi principi nel caso di specie. Certamente Fabbri può aver commesso un errore: abbiamo appena ricordato che tutti possono sbagliare. Altrettanto certamente Nasca non può aver commesso un errore che non sia frutto di dolo o colpa grave. Il mancato intervento del VAR, infatti, presenta una radicale assenza di giustificazioni. È indiscutibile che quella mezza gomitata possa non esser stata vista dall’arbitro in campo (errore scusabile). Ma non può non essere stata rilevata dal VAR. Come si spiega? Se il VAR oggettivamente non può non aver visto, l’omissione del suo intervento – lo affermo da studioso, senza timore di essere smentito – non può qualificarsi come errore scusabile. Sembra piuttosto un errore intenzionale. A meno che non venga offerta una plausibile spiegazione della involontarietà.

Né, in contrario avviso, vale argomentare che il VAR sia poi intervenuto per il rigore assegnato al Verona dopo revisione sul campo. Questo, infatti, non serve a spiegare perché prima non si sia attivato richiamando l’arbitro alla revisione sul campo, com’è suo precipuo dovere istituzionale (il VAR è strumento di autotutela per l’interesse pubblico al regolare svolgimento della competizione, e non – come impropriamente si usa dire – nell’interesse dell’arbitro). E nemmeno ci si può attendere alcunché dall’ascolto (peraltro filtrato) delle registrazioni delle comunicazioni fra arbitro e VAR. Per discolpare il quale, potrebbe sentirsi soltanto che ha detto all’arbitro di andare a rivedere l’episodio e quegli si sia rifiutato. In tal caso sarebbe dell’arbitro l’errore intenzionale. Si tratta, comunque, di un comportamento volto deliberatamente ad alterare il risultato. Insomma, a meno che non venga spiegato come si possa qualificare ‘errore scusabile’, siamo in presenza di un atto che ben potrebbe ascriversi tra quelli fraudolenti.

2) Sassuolo-Fiorentina. Il caso è radicalmente diverso. Il 2-0 del Sassuolo viene annullato dopo revisione sul campo chiamata dal VAR in modo legittimo. È invece ingiustificatamente illegittimo l’esito della revisione di Abisso. Si tratta di una delle ipotesi in cui la disciplina prevede che il VAR richiami l’arbitro a ‘valutare’ sul fuorigioco (viceversa, normalmente la sussistenza del fuorigioco costituisce un mero ‘accertamento tecnico’, inopinabile a meno di un uso erroneo dello strumento tecnologico): se esso, cioè, sia o no attivo. Benché in astratto la regola assegni all’arbitro il compito di ‘valutare’, nella fattispecie concreta in esame dalle immagini risulta obbiettivamente che il fuorigioco sia ininfluente. In questo caso, dunque, l’errore intenzionale dipende (non dalla omissione di una doverosa chiamata del VAR, ma) da una indubitabilmente erronea qualificazione giuridica del fatto ad opera dell’arbitro.

Nella relativa trasmissione di commento a Sky, il confronto fra Bonan, Condò, Costacurta, ecc., nemmeno ha sfiorato la questione, incredibilmente concentrandosi per intero sul rigore concesso ai viola, peraltro ineccepibile, giacché la volontarietà è stata espunta dal Regolamento, proprio per evitare abusi interpretativi. L’unica cosa da doversi apprezzare è se il braccio del difendente toccato dalla palla aumenti o no il volume del corpo. Punto. E invece, distogliendo l’attenzione dalla sola questione rilevante, hanno montato ad arte una discussione col dichiarato intento di auspicare la reintroduzione della valutazione della volontarietà.

3) Conclusioni. Quelli esaminati non possono qualificarsi come ‘errori scusabili’, perché non v’è una plausibile spiegazione che li giustifichi. Sarebbe doveroso farli rientrare nei cosiddetti «errori tecnici», gli unici che, secondo la giurisprudenza sportiva, impongono la ripetizione della partita. Tuttavia, nell’ordinamento statale, è contemplato il reato di «frode sportiva». Secondo la legge penale, è punito «chiunque compie atti fraudolenti volti allo scopo di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione». Ebbene, è tempo che si smetta di confondere gli errori scusabili con i comportamenti obiettivamente contrari alle norme che, senza giustificazioni, contribuiscano ad alterare il risultato.

La sensazione è che si punti ad aumentare lo spazio valutativo degli arbitri. Laddove – è evidente – l’obiettivo dovrebbe essere esattamente l’opposto: ridurlo al minimo indispensabile, perché solo così si può diminuire il sospetto che la competizione sia inquinata. Il gioco sembra chiaro. Ove le valutazioni possano legittimamente essere diverse, dipendendo dal ‘metro’ di ciascun arbitro, nessuno può avanzare il dubbio che la valutazione sia orientata da interessi diversi dall’unico legittimo: lo svolgimento regolare ed equo della competizione. Del resto, è ben noto il risalente aforisma di Giovanni Giolitti: «Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano». Dunque, meno la norma lascia spazio interpretativo a chi ha il compito di assicurare che venga rispettata, più elevato è il livello di riduzione del rischio di abusi.