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Da Zero a Dieci: la rivolta popolare contro la Rai, il trauma di Sanchez, il naufragio di Marek ed i veleni in Tv dei finti liberi

di Arturo Minervini

(di Arturo Minervini) - Zero le reti subite, non accadeva dal massacro sul campo del Cagliari dell’11 dicembre (nelle successive sei gare ben dieci le reti subite). Un dato importante, per la convinzione e per il morale di una squadra che ha bisogno di migliorare proprio in quell’aspetto. È nella routine delle azioni quotidiane che si costruiscono le grandi imprese, come quando decidi di conquistare una donna ed allora eviti di parlare e decidi esclusivamente di ascoltarla senza interromperla (è davvero un’impresa). Funziona sempre.

Uno al trauma del povero Sanchez, inghiottito da un buco nero chiamato “inconsapevolezza” quando Lorenzo gli scappa via quando il pallone sembrava destinato ad uscire fuori dal campo. Sono momenti terribili ed interminabili, con il pallone che accarezza prima il tacco di Lorenzo e poi attraversa le gambe del malcapitato Sanchez in una galleria dell’orrore tutta viola. Quando la superiorità diventa evidenza bisognerebbe alzare bandiera bianca. Quando c'è troppo talento bisognerebbe spogliarsi dei colori e celebrarlo.

Due le parate importanti di Reina racchiuse in pochi minuti: prima su Chiesa, poi sul colpo di naso di Astori. In un Napoli che concede sempre meno, il rischio è quello di abbassare la soglia della concentrazione e lasciare la reattività sulla tastiera dello smartphone. Un portiere di livello assoluto risulta decisivo proprio quando la squadra rischia poco e Pepe sembra aver iniziato al meglio il nuovo anno sotto questo aspetto. Le sue capacità non possono essere messe in discussione, si discute sulla continuità legata agli effetti del tempo. Stupiscici ancora Reina.

Tre chiusure lampo, in tutti i sensi, di Maggio. È il piacere dell’atteso che fa capolino dentro al cuore, è un omaggio a chi non ha mai smesso di allenarsi come fosse il primo giorno. Non si può restare indifferenti davanti all’abnegazione di Christian, che entra in campo a freddo e ci scalda subito le vene con interventi difensivi determinati e determinanti. È il passato che non si arrende al presente, è un Twix che vuole essere chiamato ancora Raider, un Nokia 3310 che non arrossisce davanti alle funzioni di Iphone, uno squillo sul cellulare che è più romantico di mille messaggi. “Se non dimentichi le radici che hai, ha più più rispetto della cultura che hai”.

Quattro ad una telecronaca Rai al limite del grottesco. Una tortura come il canone imposto sulla bolletta, un’imbarazzante fiera dell’approssimazione che non rende onore ad una gara giocata a livello altissimo da due grandi squadre. Perle sparse: “Sta per entrare DRI Mertens” oppure “Spinge sulla sinistra Maxi Lopez" (sarà venuto da Torino in gita al San Paolo) e la perla finale di uno Zaccheroni anestetizzante più del Cloroformio: “Hamsik non ha giocato tantissimi palloni, come al solito. Comunque ha fatto una buona gara”. Più inadeguato di Bruno Barbieri alla “Sagra del Mappazzone”. Ma quale Mamma Rai, questa non è nemmeno una zia di ottavo grado che a Natale ti regala tre paia di calzini.

Cinque su cinque nel 2017. Numeri che si incastrano perfettamente e danno sempre lo stesso risultato: la vittoria. E magari non ve ne sarete nemmeno accorti, ma in teoria manca uno dei più forti difensori al mondo (Koulibaly), il terzino sinistro titolare ambito da Bayern e PSG (Ghoulam) ed il centravanti che aveva lasciato tutti a bocca aperta ad inizio stagione (Milik). È questo il grande segreto, andare oltre i singoli, non dipendere più da nessuno se non da una struttura sempre più solida nella quale si incastrano i vari interpreti. Come si chiamava quella malattia dello scorso anno? Higuain-dipendenza? Ora non si dipende che dal Napoli. “'O punto è n'ato. Vuje site libere: libero arbitrio, libero mercato, libere tutte quante... chisto è 'o capitalismo!"

Sei vittorie consecutive al San Paolo tra campionato e coppa. A cadere Inter, Torino, Sampdoria, Spezia, Pescara e Fiorentina con diciassette reti all’attivo. È tornata ad imporsi con fermezza la legge di Fuorigrotta, è tornata quella totale sintonia tra tifosi e squadra, l’unità di intenti che troppe volte viene minata da personaggi in cerca d’autore in qualche tv locale. Chi parla male di questo Napoli, chi si fossilizza su un colpo di testa, chi pensa di poter insegnare qualcosa a Sarri su questioni che riguardano il calcio non meritano attenzione. Cambiate canale, spegnete la tv. Non perché la libertà di parola non sia da preservare, ma perché quelle parole non sono libere, sono vincolate da qualche tipo di interesse. Voi, allora, disinteressatevi. 

Sette a due che insieme hanno 41 anni e che giocano con la maturità di un sessantenne in una partita senior. Diawara (19) ed Hysaj (22) sono scherzi che la natura produce, combinazioni di numeri dell’universo che rappresentano la rarità che si fonde con la regola. Amadou si allunga, allarga, si piega e non si spezza mai. Elseid corre, rincorre, respinge, strattona e non mostra mai il segno minimo della fatica. Sono due giovani-vecchi capitati al mare, che Ernest Heningway descriverebbe così: “L'uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto”. Mai domi.

Otto assist in stagione, così come i gol di un Hamsik sempre più infinito. Dal suo colle solitario, che gli esclude parte dell’orizzonte, alza la testa ed immagina gli infiniti spazi e le infinite possibilità che offre il terreno di gioco proprio come un ermo colle apparentemente senza spiragli. È un regista dell’occulto che porta la verità semplice, quella comprensibile anche a chi non ha tanta voglia di masticare. È una verità che si impone per l’immediatezza, una visione mistica che trova dall’altra parte della parabola un credente mai dubbioso come Josè. Nel suo racconto fedele c’è la capacità di aggiungere sempre un nuovo elemento, un piccolo gesto inatteso che rende ancora più corposa l’enciclopedia di un’amore senza confini. E il naufragar m’è dolce in questo Marek…

Nove gare vinte nelle ultime dieci, in serie positiva da quindici turni con gli ottavi di finale di Champions e la semifinale di Coppa Italia. C’è uno spazio in cui la discussione assume minore importanza dinanzi a numeri che sono quasi scientifici. C’è l’oggettività della grandezza, la meraviglia per la bellezza, la consistenza della continuità in questa creatura forgiata con mani sapienti da Maurizio Sarri e da uno società che adesso gode ripensando ai frettolosi giudizi spesi in estate. Che sia di azzurro, bianco o nero vestito cambia davvero poco. Questa squadra è forte, fortissima e la notizia più bella è che lo diventa ogni giorno di più grazie al lavoro del suo tecnico ed allo sviluppo di questi meravigliosi fiori piantati in un terreno fertile. Campania Felix.

Dieci gol in stagione conditi da undici assist per Callejon. Una goccia nell’oceano, una carezza di un nonno, un abbraccio inatteso: questo è Josè. È la costanza che diventa grandezza, è la forza della mente che viene premiata dall’immensità dello spirito. Fare sempre tutto bene, fare sempre tutto al meglio senza doverlo sbandierare al mondo. Ogni suo gol è come l’eruzione in un vulcano che dorme da tanto. Sulle pareti delle rocce si accumulano parole, pensieri, desideri e occasioni sprecate. Cova il calore, che diventa vapore che rende la memoria più leggera e l’orecchio soddisfatto. Quella zuccata che gonfia la rete è l’ennesima Tempesta iberica che ti culla prima di dormire, a metà tra sogno e consapevolezza. “L’isola è piena di questi sussurri, di dolci suoni, rumori, armonie. A volte son migliaia di strumenti che vibrando mi ronzano agli orecchi; altre volte son voci sì soavi, che pur se udite dopo un lungo sonno, mi conciliano ancora con Morfeo, e allora, in sogno, sembra che le nuvole si spalanchino e scoprano tesori pronti a piovermi addosso; ed io mi sveglio, nel desiderio di dormire ancora”.


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